Riassunto analitico
I medicinali equivalenti, introdotti in Italia per la prima volta con la Legge 8 agosto 1996, n. 425, sono medicinali che presentano uguale composizione quali- e quantitativa di principi attivi, stessa forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, nonché numero di unità posologiche e dosaggio unitario uguali rispetto ad un medicinale di riferimento, ovvero un medicinale autorizzato all’immissione in commercio il cui brevetto e Certificato Complementare di Protezione siano scaduti. L’immissione in commercio di un medicinale equivalente può avvenire mediante una procedura semplificata, dove il richiedente nella presentazione del Dossier può omettere i moduli relativi agli studi preclinici e agli studi clinici, a patto, però, che possa dimostrarne la bioequivalenza con il medicinale di riferimento. Gli studi di bioequivalenza sono studi di farmacocinetica con i quali, dopo somministrazione ad un determinato numero di soggetti sia del farmaco originatore che del farmaco generico, si procede alla misurazione della loro biodisponibilità. Due medicinali sono definiti equivalenti se l’intervallo di confidenza al 90% del rapporto delle AUC medie e delle Cmax medie risulta compreso tra 0.80 e 1.25. Nonostante gli enormi vantaggi che l’introduzione di un medicinale equivalente in commercio presenta sia per il cittadino che per il Servizio Sanitario Nazionale, il loro consumo in Italia risulta ancora poco diffuso, al di sotto della media europea. Le motivazioni dello scarso utilizzo sono da ricondurre a diversi fattori, tra cui la percezione negativa da parte dei cittadini circa la loro sicurezza ed efficacia. Se da una parte, infatti, l’utilizzo dei medicinali equivalenti potrebbe portare ad un aumento dell’aderenza terapeutica per una diminuzione dei costi sostenuti dai pazienti per l’accesso alle cure, dall’altra parte questa percezione negativa potrebbe portare ad un effetto nocebo e, di conseguenza, ad una minor aderenza terapeutica. Inoltre, l’ampia disponibilità in commercio di medicinali equivalenti per numerose categorie terapeutiche fa sì che un paziente possa essere sottoposto a ripetuti switching nel corso della terapia col rischio che vada incontro a confusione ed errori terapeutici. Ci sono poi medicinali le cui sostituzioni appaiono controverse, per i quali anche l'AIFA si è pronunciata a riguardo, raccomandando una non sostituzione del medicinale una volta iniziato il trattamento, sia esso originale o generico. Alla luce di queste evidenze, diversi studiosi hanno criticato l’affidabilità degli studi di bioequivalenza, ritenendo che presentino diversi limiti e che, quindi, debbano essere modificati. Tuttavia, non sembrano esserci motivazioni valide per cambiare l’approccio normativo in vigore per stabilire la bioequivalenza tra due medicinali. In ogni caso, è evidente come in seguito a switching si manifesti un disagio clinico che, qualunque sia la causa scatenante, non può essere ignorato e a tale proposito subentra il ruolo del farmacista. Quest’ultimo, infatti, è sempre più uno dei principali punti di riferimento in termini di salute del cittadino, quindi, il suo ruolo diventa indispensabile nell’aumento dell’aderenza terapeutica, perché può indirizzare il paziente verso una scelta consapevole. Confermata la sicurezza e l’efficacia dei medicinali equivalenti e la loro importanza nel contenimento della spesa pubblica, il ruolo del farmacista non può però limitarsi ad una mera dispensazione di medicinali equivalenti senza aver prima valutato come questa azione possa interferire nella terapia del paziente. Appare importante instaurare un rapporto di fiducia con il paziente, investire tempo nelle spiegazioni, nell’ascolto dei suoi timori e nell’educazione al fine di garantire contemporaneamente effetti positivi per il SSN e per la salute del paziente.
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Abstract
Generic drugs, introduced in Italy for the first time with the Law 425/1996, are medicines that have the same qualitative and quantitative composition of active ingredients, the same pharmaceutical form, route of administration, method of release, as well as the number of dosage units and unit dosage equal to a reference medicine, i.e., a medicine authorized for placing on the market whose patent and Complementary Protection Certificate have expired.
The marketing of a generic drug can take place through a simplified procedure, where the applicant in submitting the CTD can omit the form relating to preclinical and to clinical studies, provided, however, that he can demonstrate their bioequivalence with the reference medicine.
Bioequivalence studies are pharmacokinetic studies with which, after administration to a certain number of subjects of both the originator drug and the generic drug, the parameters relating to their bioavailability are measured. Two medicines are defined as equivalent if the 90% confidence interval of the ratio of mean AUC and mean Cmax is between 0.80 and 1.25.
Despite the enormous advantages that the introduction of a generic drug on the market presents both for the citizen and for the National Health Service, their consumption in Italy is still not widespread, below the European average.
The reasons for the lack of use can be related to various factors, including the negative perception by citizens of their safety and effectiveness.
If on the one hand, in fact, the use of generic drugs could lead to an increase in therapeutic adherence due to a decrease in the costs incurred by patients for access to treatment, on the other hand this negative perception it could lead to a nocebo effect and, consequently, to a lower therapeutic adherence.
In addition, the wide availability on the market of equivalent medicines for numerous therapeutic categories means that a patient can be subjected to repeated switching during therapy with the risk of experiencing confusion and therapeutic errors.
Then there are medicines whose substitutions are controversial, for which even the AIFA has ruled in this regard, recommending a non-replacement of the medicine once the treatment has begun, be it original or generic.
In light of these evidences, several authors have criticized the reliability of the bioequivalence studies, believing that they have different limitations and that, therefore, they must be modified. However, there seem to be no valid reasons for changing the regulatory approach to establish bioequivalence.
In any case, however, it is evident that after switching, a clinical discomfort occurs which, whatever the triggering cause, cannot be ignored and in this regard the role of the pharmacist takes over.
The latter, in fact, is increasingly one of the main reference points in terms of health and information for citizens, therefore, its role becomes indispensable in increasing therapeutic adherence, because it can direct the patient towards an informed choice.
Confirmed the safety and efficacy of equivalent medicines and their importance in containing public spending, the role of the pharmacist cannot however be limited to a mere dispensing of generic drugs without first evaluating how this action may interfere in the patient's therapy. It seems important to establish a relationship of trust with the patient, invest time in explanations, in listening to their fears and in educating them to simultaneously ensure positive effects for the National Health Service and for the patient's health.
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