Riassunto analitico
L’identità digitale è ormai una parte integrante dell’identità personale e, in un mondo sempre più digitalizzato, gli spazi virtuali prendono sempre più il posto degli spazi reali, soprattutto in seguito alla emergenza sanitaria. Il nostro “vivere virtuale” ci porta a condividere tantissimi nostri dati i quali sono espressione della nostra identità rimanendo però accessibili a molti. I confini tra la sfera privata e pubblica si fanno più labili e diventa sempre più importante garantire la riservatezza personale, in questo ambito il GDPR garantisce la riservatezza personale, la protezione dei dati personali e riconosce questi concetti come diritti fondamentali. «Ma se l’identità personale attiene al complesso delle vicende pubbliche del soggetto sottoposte all’altrui scrutinio» negli spazi virtuali in cui il confine tra pubblico e privato è così labile cosa si intende per pubblico? Fino a dove è considerato pubblico? Inoltre l’emergenza COVID 19 ha notevolmente velocizzato la digitalizzazione di molti ambiti tra cui quello lavorativo, il mondo del lavoro infatti in poche settimane ha subito una repentina digitalizzazione. Si è assistito a una vera e propria totale dematerializzazione dello spazio lavorativo che è andato a coincidere con lo spazio privato, domestico; mentre precedentemente all’emergenza sanitaria erano gli individui che sceglievano volontariamente di far parte di piattaforme social e solo in maniera volontaria si partecipava alla dematerializzazione degli spazi, con la pandemia ognuno si è trovato a dover vivere in maniera quasi esclusivamente virtuale. Di fronte a questa evoluzione viene dunque spontaneo chiedersi come tutto ciò venga regolato e quali sono e saranno le sfide che il diritto dovrà affrontare per garantire la riservatezza in un mondo lavorativo sempre più digitalizzato dove identità personale e identità digitale andranno a coincidere sempre di più.
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