Riassunto analitico
La rappresentazione stilistica della violenza è la cifra autoriale più riconoscibile del cinema di Tarantino. Il presente lavoro intende analizzare le griglie narrative ed estetiche che la contengono, osservandone il funzionamento all’interno di sequenze e scene particolarmente emblematiche. Dall’analisi emerge che proprio l’eccesso stilistico, in combinazione con un impianto narrativo specifico, rende percepibile la mediazione linguistica del film, e così confina l’ultraviolenza tarantiniana in una dimensione schiettamente cinematografica. Come premessa si è considerata la violenza dal punto di vista dell’analisi della rappresentazione: nei film essa costituisce un motivo e mai un tema, perché non è mai la ragion d’essere della narrazione. La parte più ampia della tesi è dedicata quindi alle modalità in cui la violenza si integra nella narrazione di Tarantino: tipicamente viene equilibrata da un contrappunto che va rintracciato nella configurazione del mondo rappresentato nel film. Si tratta di un mondo analogo a quello reale; tuttavia le sue pretese di realismo si traducono in un dominio di ordinarietà talmente pervasivo che trova applicazione anche ai contesti più estremi. L’effetto è grottesco, ma proprio il distanziamento che questo provoca rende percepibile il medium. Si nota inoltre che il metodo di scrittura tarantiniano segue un principio deterministico; viene così messo a confronto con il meccanismo del romanzo naturalista francese, sulla base delle linee guida tracciate da Emile Zola ne Il romanzo sperimentale. Restano problematici però i casi in cui la violenza entra in collisione con temi delicati per la società contemporanea; il presente lavoro si ferma quindi ad analizzare il caso di Bastardi senza gloria, che tratta il tema dell’Olocausto in maniera inedita. L’ultima fase dell’analisi è di ordine estetico e riguarda due particolari soluzioni di messa in scena della violenza, che fanno riferimento alle strategie di suspense e sorpresa. Si nota come esse rispondono a un duplice interesse del regista: per l’esplosione della violenza nelle sue potenzialità estetiche e per le sue conseguenze immediate. In chiusura si osserva come anche la messa in scena del dialogo, posponendo l’esplosione di una violenza prefigurata, venga utilizzata per creare suspense. I dialoghi di Tarantino sono capaci di rivaleggiare con la violenza più stilistica, opponendo lo spettacolo della retorica alla forza delle immagini.
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Abstract
The stylistic representation of violence is one of the most conspicuous leitmotifs of Tarantino’s cinema. The purpose of this dissertation is to analyze the narrative and aesthetic grids that support it, and to examine how they function in the context of particularly emblematic sequences and scenes. The analysis shows that stylistic excess, combined with a particular narrative framework, makes the film linguistic mediation perceptible, and thus confines Tarantino’s use of extreme violence into an intelligibly cinematographic dimension.
From the perspective of Casetti and DiChio’s analysis of representation, violence is a film motif and never a theme, as it is never the raison d’être of the narrative. The better part of the analysis thus explores the ways in which the motif of violence is incorporated into Tarantino’s narration: it is typically balanced by a counterpoint to be found in the configuration of the world represented in the movie. Such a world is analogous to the real one, but its claim of realism translates into a dominion of ordinariness, which is so pervasive that it applies to all contexts – especially to the most extreme situations. The result is grotesque but the distancing it causes is what makes the medium perceptible. It is noted then that Tarantino’s method of writing follows a deterministic principle; it can be compared to the mechanism of the French naturalistic novel, following the guidelines provided by Emile Zola in Le Roman Expérimental. However, problems arise when the tarantinian violence collides with sensitive subjects for our contemporary society: the analysis focuses on studying the case of Inglourious Basterds, a film dealing with the subject of the Holocaust.
The last part of this dissertation examines two particular techniques of staging violence, which refer to the opposite strategies of suspense and surprise. They correspond to the director's interest in both the aesthetic potentialities and in the consequences of the deflagration of violence. On a final note, the main means of suspense deployed by Tarantino is the mise-en-scène of dialogue, which creates tension by postponing a prefigured deflagration. In terms of spectacularity, dialogue can measure up to the most stylistically rendered violence, as it opposes the show of rhetoric to the visual impact of the gore.
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