Riassunto analitico
La tesi percorre l’evoluzione dei diritti di proprietà intellettuale, dalle origini ai giorni nostri, fino a includere il metodo più recente di tutela del copyright, il Digital Rights Management, fornendo così una chiave di comprensione del copyright nell’ambiente digitale. In particolare, verrà esaminato il programma iTunes della Apple come esempio di ‘dittatura della proprietà intellettuale.’ I diritti di proprietà intellettuale nascono per dare ad autori ed editori la possibilità di vivere del proprio lavoro. I due filoni del sistema legale occidentale, vale a dire il Common Law per i paesi di lingua inglese e il Civil Law per quelli europei, scelgono di focalizzarsi su aspetti diversi della paternità di un’opera: se la tradizione anglosassone si concentra sull’aspetto economico, quella continentale mette in evidenza i diritti morali dell’autore. Quando l’abbattimento dei confini nazionali degli Stati Nazione impone un sistema legale internazionale più sviluppato, le due filosofie si avviano verso il superamento delle loro divergenze con una serie di trattati internazionali, alla base dei quali rimane un principio comune: incoraggiare la diffusione di idee e conoscenze a livello globale. Il legislatore internazionale modifica progressivamente la cornice legale per rispondere ai cambiamenti dettati dalle innovazioni digitali, e per assicurare un’adeguata protezione dei diritti di proprietà intellettuale a fronte di una rapida evoluzione tecnologica. In particolare, gli anni 90 segnano l’inizio dell’Era Digitale; la tutela degli autori, il ruolo di distributori e consumatori e il rapporto fra nazioni vengono rimessi in discussione da Internet. Di conseguenza, la comunità globale emana i cosiddetti Trattati Internet, che sdoganano l’utilizzo del Digital Rights Management. Grazie a queste tecnologie, non solo gli autori riescono a mantenere il controllo sulle loro creazioni, ma anche i distributori possono assicurarsi un ritorno economico. I consumatori hanno inoltre la possibilità di accedere ai contenuti digitali sotto la tutela della dottrina del fair use. Tuttavia, a causa dell’influenza dei paesi del Common Law (in particolare degli Stati Uniti), le clausole dei trattati internazionali risultano sbilanciate a favore delle multinazionali distributrici di contenuti. L’introduzione del Digital Rights Management legittimizza infatti un potere invasivo che influenza non solo le opere, ma anche i consumatori e le piattaforme digitali. Questa tecnologia alimenta le controversie attorno ad alcuni produttori di tecnologie, il comportamento dei quali sconfina nell’abuso di posizione dominante e nella violazione delle leggi antitrust. E’ il caso di Apple e del suo iTunes Store, un esempio pratico di come il Digital Rights Management viene attualmente impiegato e delle conseguenze negative che può avere sugli utenti e più in generale sul libero mercato. L’analisi contenuta nella tesi porta a una serie di conclusioni. Da una parte, si osserva il controverso ruolo delle multinazionali nel campo della distribuzione digitale di contenuti; dall'altra, si apprezza come le nuove tecnologie diano agli utenti e agli artisti stessi la possibilità di condividere materiale digitale nonostante il Digital Rights Management. Se gli autori si stanno riprendendo i loro diritti di proprietà intellettuale, i mediatori vengono lasciati da parte. In questo scenario, i distributori potrebbero evitare i tentativi di imposizione dei loro interessi attraverso gli organi internazionali. Le conoscenze e il potere innovativo delle compagnie internazionali rimangono fondamentali per il progresso tecnologico; per questo, sarebbe importante ricercare un nuovo equilibrio che tenga conto della trasformazione dei ruoli delle parti in causa, ridisegnando un moderno sistema di tutela della proprietà intellettuale.
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Abstract
The purpose of this thesis is to trace a path through intellectual property rights’ evolution, from their origins to contemporary times, including the most recent method of copyright enforcement: Digital Rights Management. An historical overview of the international legal system will provide a background for the understanding of regulation of copyright in a digital environment, and frame the case study of Apple’s iTunes and its Terms and Conditions as an example of ‘copyright dictatorship.’
The notion of intellectual property rights was born to give authors and editors the possibility to collect a revenue from their work. The two branches of the Western legal system, namely the Common Law for English-speaking countries, and Civil Law for European countries, chose to focus on different aspects of authorship. The Anglo-Saxon tradition highlighted the monetary side of intellectual property, while the Continental one put first the ‘moral’ implications of being the creator or the curator of a work of art. When the gradual opening of national boundaries called for a more developed international legal system, the two philosophies overcame their differences with a series of international treaties, at the heart of which lied the same, common principle: to foster the spread of knowledge and ideas worldwide.
Global lawmakers systematically modified the international legal frame in order to respond to innovations, and ensure intellectual property protection in the face of new technologies. In particular, the 1990s marked the advent of the Digital Age. Safeguard of authors, the role of content producers and consumers, and the collaboration between nations, were all called into question by the Internet. Thus, the global community produced the so-called ‘Internet Treaties,’ which allowed a massive use of Digital Rights Management systems. Thanks to these technologies, authors can maintain control over their creations, and copyright holders can enforce their rights thanks to ad hoc technological tools. Furthermore, users can access artistic works backed by the fair use doctrine.
Nevertheless, mainly because of the influence of Common Law countries (especially the United States), the provisions set in the international treaties came out to be biased in favor of multinational content providers.
The introduction of Digital Rights Management technologies legitimized the use of an invasive power not only over creative works, but also over users and their devices; it also created dissent over the behavior of some technology providers, which overlapped with abuse of dominant position and trespassed antitrust laws. This is the case of Apple: the analysis of the iTunes Store, indeed, offers a practical instance of how Digital Rights Management is currently employed, and its negative repercussions on customers and businesses.
This overview allows to draw some conclusions. On the one hand, it shows an overwhelming (and often invasive) role of multinational companies and majors in the field of distribution of contents; on the other hand, we see that new technologies allow average users to communicate and share digital material despite Digital Rights Management systems. An increasing number of authors is adapting to the new worldwide trade, building their own marketing strategies and keeping in touch with potential customers. Artists are taking back their intellectual property rights, while mediators are being left out. In this scenario, content providers might find useful to avoid the imposition of their interest by lobbying international organs. Multinationals’ expertise and innovation are still fundamental to the diffusion of novelties and knowledge, though; what would be needed now is a fresh equilibrium, in which all involved parties acknowledge their transforming roles and embrace a forward-looking intellectual property system.
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