Riassunto analitico
È nel 1903 che l’ordinamento italiano, traendo ispirazione dalla legge belga del 29 giugno 1887, introdusse l’istituto del concordato preventivo con la L. 24 maggio n. 197. Con gli anni vennero poi apportate modifiche all’istituto dapprima con la legge 17 aprile 1925 n. 473 successivamente riformata con la legge 10 luglio 1930 n. 995. Ma è solo nel 1942 con il Regio Decreto del 16 marzo 1942 n. 267 che l’istituto viene introdotto, seppur come procedura minore dato che il fallimento rimaneva il principio cardine, nella legge fallimentare. Ed è proprio questa che disciplina per oltre sessant’anni il concordato, il quale vedrà ulteriori cambiamenti nel 2005 con il d.l. 14 marzo n. 35, nel 2006 con il d.lgs. n. 5 e nel 2007 con il correttivo d.lgs. n. 169, fino ad arrivare nel 2012 dove il legislatore attraverso il c.d. “decreto sviluppo” d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134, inizia a prospettare l’istituto in commento come procedura il cui obiettivo non è quello di liquidare il patrimonio del debitore in dissesto e soddisfare così i creditori concorsuali, ma quello di cercare per quanto possibile, di salvaguardare il valore dell’azienda mantenendola in vita, potendo così l’imprenditore in difficoltà adempiere alle proprie obbligazioni. Dal 2012 ad oggi, come noto, la legge fallimentare ha costantemente subito modifiche, da un lato per le carenze che ogni riforma trascinava con sé, dall’altro per cercare di evitare con ogni strumento possibile, il fallimento dell’impresa caduta “sfortunatamente” in dissesto, sia modificando le norme già presenti, sia introducendo nuovi istituti. Obiettivo del presente lavoro è analizzare la disciplina dei “contratti pendenti” nel concordato preventivo alla luce della mini riforma dell'agosto 2015, soffermandoci anche sui cambiamenti avvenuti nei diversi anni.
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