Riassunto analitico
Con l’acronimo CFD (Computational Fluid-Dynamics) si indica l'insieme di tecniche che, attraverso l'ausilio di calcolatori, permette di studiare i problemi termo-fluidodinamici (intesi come la determinazione dell’evoluzione spazio-temporale dei campi delle variabili fisiche nel dominio di studio). Le applicazioni della CFD sono le più svariate: si va dallo studio dell'aerodinamica esterna (automobili, treni, aerei, razzi, ecc…), allo studio della fluidodinamica interna delle macchine a fluido (pompe, compressori, turbine, ecc…), alla simulazione del funzionamento di interi impianti, fino all'analisi di problematiche riguardanti il comfort ambientale (meteorologia, climatizzazione, ecc…). In ambito industriale in particolare la tecnica CFD è applicata a tutte le problematiche che coinvolgono l'azione di fluidi e per le quali un calcolo secondo le formule "classiche" risulterebbe impraticabile a causa dell’insorgenza di fenomeni turbolenti. Il principale problema della fluidodinamica risiede infatti nelle equazioni che la governano: a differenza di un problema lineare in cui la risposta del sistema oggetto di studio è proporzionale all'input fornito, le equazioni della fluidodinamica presentano delle non-linearità che rendono molto complessa la predizione dell’evoluzione del sistema (note che siano le condizioni iniziali e al contorno del problema). Ciò ha sempre rappresentato un limite alla determinazione analitica della soluzione dei problemi di fluidodinamica, costringendo spesso a ricorrere a prove sperimentali per validare le ipotesi iniziali. Il principale vantaggio che comporta l’impiego della CFD in ambito industriale consiste quindi nella possibilità di studiare una vasta gamma di casistiche di interesse in un tempo relativamente breve (ciò dipende ovviamente dalla potenza di calcolo di cui si dispone), svincolandosi allo stesso tempo dalla necessità di realizzare un numero spropositato di prove sperimentali sui medesimi casi (con conseguenti vantaggi anche in termini di costi di gestione della strumentazione necessaria per realizzare tali prove). Una caratteristica che accomuna tutti i codici CFD è che essi forniscono soluzioni discrete al generico problema fluidodinamico: il volume oggetto di studio viene suddiviso in un certo numero di volumi di controllo (celle), a ciascuno dei quali è associato un valore univoco di ognuna delle grandezze (fisiche e non) risolte dal codice; l’evoluzione temporale della soluzione è effettuata suddividendo l’intervallo di tempo simulato in un certo numero di sotto-intervalli (time-steps). Esistono sostanzialmente tre tipologie di approccio CFD al generico problema fluidodinamico turbolento: DNS (Direct Numerical Simulation), RANS (Reynolds Averaged Navier-Stokes equations) e LES (Large Eddy Simulation). Nella presente tesi ci si è posti come obiettivo quello di effettuare un confronto tra i due approcci CFD ad oggi più impiegati in ambito industriale, ovvero l’approccio RANS e l’approccio LES. Tale confronto è stato effettuato sulla base dei risultati forniti da simulazioni RANS (queste ultime effettuate con due diversi modelli di chiusura per le equazioni di Navier-Stokes) e LES dell’intero ciclo di funzionamento di un motore GDI turbocompresso ad elevate prestazioni di recente produzione. In particolare si è focalizzata l’attenzione sul campo di moto, sulla distribuzione in camera del combustibile iniettato e sull’evoluzione del fronte di fiamma ottenuti con i due diversi approcci. Per il confronto si è impiegato il Correlation Coefficient, un parametro che per come è definito dà un’indicazione di quanto le due soluzioni (quella fornita dal calcolo RANS e quella fornita dal calcolo LES) si discostino.
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