Riassunto analitico
Il Sahel è teatro di conflitti violenti, frettolosamente bollati come “etnici”, tra comunità di pastori nomadi e di contadini stanziali. La realtà dei fatti è assai più complessa: l’etnia, infatti, è diventata elemento di divisione solo dopo l’arrivo dei coloni europei, interessati a seminare discordia tra i popoli nativi. In precedenza, i rapporti tra le comunità nomadi e stanziali erano stati tendenzialmente collaborativi e i momenti di scontro, frequenti ma circoscritti per estensione e intensità, erano per lo più legati a motivi contingenti. Descritti i presupposti teorici e gli strumenti metodologici, che leggono il conflitto in un’ottica interdisciplinare integrando la prospettiva della sociologia dei conflitti e quella delle discipline antropologiche, attraverso il case study del Burkina Faso si dimostrerà che i conflitti saheliani hanno natura multidimensionale poiché coinvolgono un elevato numero di attori animati da bisogni diversi. L’enfatizzazione dell’aspetto etnico funge da trigger e da agente di perpetuazione conflittuale: dietro la lotta tra contadini voltaici e pastori fulani per la fruizione delle risorse naturali, governo centrale, jihadisti, milizie di autodifesa e varie potenze straniere si contendono risorse minerarie, controllo delle rotte transahariane, egemonia territoriale e potere politico. Che la dimensione etnica sia solo uno degli aspetti della contesa, volutamente gonfiato ad arte, risulterà evidente anche dall’analisi di alcuni articoli tratti da una testata locale e dal confronto tra quattro interviste raccolte all’interno della comunità burkinabé in Italia. La successiva comparazione tra il teatro conflittuale del Burkina Faso ed altri aventi caratteristiche simili svelerà che l’utilizzo di questo genere di trigger è assai frequente. Di fatto, le guerre contemporanee sono innescate e alimentate da attori potenti che lucrano sull’indotto economico da esse prodotto, e che pertanto sono fortemente interessati alla loro perpetuazione e replicazione. Dopo aver proposto un’analisi preliminare del colpo di stato avvenuto in Burkina Faso nel gennaio 2022, si individueranno alcuni obiettivi volti alla de-escalazione conflittuale e alla stabilizzazione del Paese. Si presterà particolare attenzione alle potenzialità della diaspora e a quelle dei pastori nomadi fulani, oggi attori conflittuali, ma domani possibili custodi delle aree più difficili del Paese grazie alle loro comprovate capacità di adattamento e di resilienza.
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Abstract
The Sahel is the scene of violent conflicts, hastily branded as 'ethnic', between communities of nomadic herders and settled farmers. The reality is much more complex: ethnicity only became a divisive factor after the arrival of European settlers, who were interested in sowing discord among the native peoples. Previously, relations between nomadic and settled communities had tended to be collaborative, and moments of confrontation, frequent but limited in extent and intensity, were mostly related to contingent reasons.
Having described the theoretical assumptions and methodological tools, which interpret conflict from an interdisciplinary point of view by integrating the perspective of the sociology of conflict and that of anthropological disciplines, the case study of Burkina Faso will show that Sahelian conflicts are multidimensional in nature, since they involve many actors with different needs. The emphasis on ethnicity acts as a trigger and perpetuating agent of conflict: behind the struggle between Voltaic peasants and Fulani herdsmen for access to natural resources, the central government, jihadists, self-defence militias and various foreign powers compete for mineral resources, control of trans-Saharan routes, territorial hegemony and political power. The fact that the ethnic dimension is only one of the aspects of the dispute, deliberately inflated, will also be evident from the analysis of some articles taken from a local newspaper and from the comparison of four interviews collected within the Burkinabè community in Italy.
The subsequent comparison of the Burkina Faso conflict theatre with others with similar characteristics will reveal that the use of this kind of trigger is very frequent. In fact, contemporary wars are triggered and fuelled by powerful actors who profit from the economic induced by them, and who are therefore strongly interested in their perpetuation and replication.
After proposing a preliminary analysis of the coup d'état that took place in Burkina Faso in January 2022, a few objectives aimed at de-escalating the conflict and stabilising the country will be identified. Particular attention will be paid to the potential of the diaspora and the nomadic Fulani shepherds, today conflict actors, but tomorrow possible guardians of the most difficult areas of the country thanks to their proven capacity for adaptation and resilience.
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