Riassunto analitico
Il mio lavoro di tesi nasce dall'attenzione verso il tema della sostenibilità, il quale credo stia ottenendo un’importanza sempre crescente. Attualmente le imprese all'avanguardia sono quelle che riescono ad ottenere profitti considerevoli senza trascurare gli impatti ambientali e dei materiali. Ecco perché ho voluto approfondire il modello dell’Economia Circolare, dal momento che, sono sicuro, rappresenti una sfida per il futuro. Il termine “circolare” fa riferimento al fatto che, all’interno del ciclo produttivo di un’impresa, tutti quegli elementi che generalmente sono scartati, vengono ora riutilizzati, dall’azienda stessa o da altre aziende, per fabbricare altri prodotti. Tutto ciò porta a due conseguenze secondo me fondamentali: la prima è che ciò che prima era considerato rifiuto è oggi rivendibile; la seconda è che ovviamente la dispersione di materiali di scarto è ridotta ai minimi termini. È stato interessante anche approfondire come questo può permettere ad imprese che operano nello stesso distretto o regione di attuare una sorta di competizione/cooperazione, ovvero da una parte continuare a lottare sullo stesso territorio per affrontare le esigenze dei rispettivi stakeholders, dall’altro lato attuare una forma di collaborazione per permettere a tutti di approfittare di quei materiali che generalmente verrebbero smaltiti, per creare nuovi output e mantenere attiva la produzione. Ne è un esempio pratico il distretto di Kalundborg, in Danimarca, illustrato nel secondo capitolo del mio studio. Nello sviluppo del terzo capitolo, invece, ho deciso di descrivere come questo nuovo modello economico venga attuato nelle principali città portuali d’Europa, a dimostrazione che in alcuni casi il concetto di Economia Circolare è stato assimilato e già messo in pratica, non solo in realtà circoscritte come può essere quella del distretto danese sopra citato, ma anche in grandi città che fanno del commercio marittimo il loro punto di forza e che, per questo, godono di enormi flussi di mercato. Il quarto e ultimo capitolo del mio elaborato, invece, si concentra sull’attuazione del paradigma in alcune imprese italiane. Ho deciso di incentrare la mia prova finale su questo argomento poiché ritengo che il contesto economico attuale, non solo italiano ma anche globale, debba mirare sempre di più alla sostenibilità. Il modello dell’Economia Circolare è solo uno dei tanti ambiti in cui un’impresa può operare per raggiungere questo scopo. A partire dalla fine del XIX secolo, ovvero da quando le imprese hanno iniziato a proliferare prima in Europa poi in tutto il mondo, l’attenzione verso il tema degli sprechi e dei rifiuti è sempre stata molto limitata, come dimostrano gli studi sul consumismo. Oggi la tendenza è quella di cercare di porre rimedio, a livello industriale e non solo, a quella che ormai è diventata un’emergenza a tutti gli effetti e la strada, già percorsa a diversi livelli, è quella di dare la priorità al tema della sostenibilità.
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Abstract
Il mio lavoro di tesi nasce dall'attenzione verso il tema della sostenibilità, il quale credo stia ottenendo un’importanza sempre crescente.
Attualmente le imprese all'avanguardia sono quelle che riescono ad ottenere profitti considerevoli senza trascurare gli impatti ambientali e dei materiali. Ecco perché ho voluto approfondire il modello dell’Economia Circolare, dal momento che, sono sicuro, rappresenti una sfida per il futuro.
Il termine “circolare” fa riferimento al fatto che, all’interno del ciclo produttivo di un’impresa, tutti quegli elementi che generalmente sono scartati, vengono ora riutilizzati, dall’azienda stessa o da altre aziende, per fabbricare altri prodotti. Tutto ciò porta a due conseguenze secondo me fondamentali: la prima è che ciò che prima era considerato rifiuto è oggi rivendibile; la seconda è che ovviamente la dispersione di materiali di scarto è ridotta ai minimi termini. È stato interessante anche approfondire come questo può permettere ad imprese che operano nello stesso distretto o regione di attuare una sorta di competizione/cooperazione, ovvero da una parte continuare a lottare sullo stesso territorio per affrontare le esigenze dei rispettivi stakeholders, dall’altro lato attuare una forma di collaborazione per permettere a tutti di approfittare di quei materiali che generalmente verrebbero smaltiti, per creare nuovi output e mantenere attiva la produzione. Ne è un esempio pratico il distretto di Kalundborg, in Danimarca, illustrato nel secondo capitolo del mio studio. Nello sviluppo del terzo capitolo, invece, ho deciso di descrivere come questo nuovo modello economico venga attuato nelle principali città portuali d’Europa, a dimostrazione che in alcuni casi il concetto di Economia Circolare è stato assimilato e già messo in pratica, non solo in realtà circoscritte come può essere quella del distretto danese sopra citato, ma anche in grandi città che fanno del commercio marittimo il loro punto di forza e che, per questo, godono di enormi flussi di mercato. Il quarto e ultimo capitolo del mio elaborato, invece, si concentra sull’attuazione del paradigma in alcune imprese italiane.
Ho deciso di incentrare la mia prova finale su questo argomento poiché ritengo che il contesto economico attuale, non solo italiano ma anche globale, debba mirare sempre di più alla sostenibilità. Il modello dell’Economia Circolare è solo uno dei tanti ambiti in cui un’impresa può operare per raggiungere questo scopo. A partire dalla fine del XIX secolo, ovvero da quando le imprese hanno iniziato a proliferare prima in Europa poi in tutto il mondo, l’attenzione verso il tema degli sprechi e dei rifiuti è sempre stata molto limitata, come dimostrano gli studi sul consumismo. Oggi la tendenza è quella di cercare di porre rimedio, a livello industriale e non solo, a quella che ormai è diventata un’emergenza a tutti gli effetti e la strada, già percorsa a diversi livelli, è quella di dare la priorità al tema della sostenibilità.
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