Riassunto analitico
La prassi della riscrittura teatrale è un fenomeno antico: già i Greci riproponevano, nelle loro tragedie, personaggi e temi attinti dalle storie mitiche per sondare i sentimenti e i conflitti dell’animo umano. Nella seconda metà del Novecento, la riscrittura diventa una pratica sovversiva, soprattutto nell’ambito della teoria femminista, perchè mette in discussione il canone letterario tradizionale, accusato di ignorare, da sempre, i personaggi femminili: infatti, vengono rovesciati i parametri patriarcali entro cui si sviluppano le opere classiche, rendendo la donna un soggetto autonomo e dando agli emarginati la possibilità di parlare. L’autore riesce, così, a esprimere il suo punto di vista lontano dalla mentalità tradizionale e, allo stesso tempo, spinge lo spettatore/lettore a mettere in discussione i suoi pregiudizi, così da contribuire al rinnovamento della società di cui fa parte. In questa tesi, vengono analizzate le opere di Medea di Liz Lochhead e Phaedra’s Love di Sarah Kane. La prima autrice ci offre una riscrittura del mito a partire dalla versione della Medea di Euripide, di cui verranno analizzati i temi e presentate analogie e differenze rispetto alle versioni latine ed europee della tragedia: nel testo di Liz Lochhead si affrontano due temi diversi tra loro eppure correlati, ovvero la critica alle strutture patriarcali, che vuole relegare le donne nella sfera privata e nel silenzio, e la condizione dell’Altro all’interno di una data comunità, con riferimento specifico al problema identitario scozzese. Questa analisi segue a un breve excursus introduttivo sul femminismo e sulle varie correnti sviluppatesi nella prima e nella seconda ondata del movimento femminista. L’opera di Sarah Kane, Phaedra’s Love è, invece, una riscrittura in chiave contemporanea del mito di Fedra e ha come modello la Fedra di Seneca, che verrà analizzata e messa a confronto con Ippolito, l’originale testo euripideo. Phaedra’s Love non si inscrive nell’ambito della corrente femminista ma del teatro britannico degli anni Novanta, quando si sviluppa il cosiddetto “In-yer-face theatre”, un teatro che mette in scena atti di violenza efferata e crudeltà estrema, in modo da provocare una reazione nello spettatore, sia essa negativa che positiva. A differenza del teatro femminista che segue il modello del teatro epico di Brecht, basato sull’effetto di straniamento, l’‘In yer-face-theatre’ si rifà alle teorie di Antonin Artaud e al suo ‘Teatro della Crudeltà’, in cui la parola si stacca dal significato e dalla logica originaria per acquisire un significato magico, trasformante, in grado di colpire sensorialmente lo spettatore. Il confronto con situazioni estreme, scioccanti, traumatiche rende il pubblico consapevole della brutalità della società in cui viviamo e mira ad operare un cambiamento proprio a partire da questa presa di coscienza. La riscrittura del mito permette, quindi, un nuovo approccio alla realtà, attraverso quei simboli diventati universali e che fanno parte dell’inconscio collettivo, ma a cui viene dato un significato nuovo, alla luce della nostra contemporaneità.
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Abstract
The practice of theatrical reworking is an ancient phenomenon: it dates back to the Greeks, who often recast, in their tragedies, characters and topics belonging to mythical stories, in order to explore the deep feelings and conflicts of the human soul. During the second half of the twentieth century, the practice of literary rewriting becomes a subversive way to question the traditional canon, blamed for ignoring women, thus the patriarchal parameters of classical works are overturned, female characters are put centre stage and oppressed groups of people are given the chance to speak up. The rewriter expresses a new point of view and, at the same time, asks the audience to question their prejudices, calling for a contribution to a renewed society.
In this dissertation, I will examine the reworking of two classical myths: Medea by Liz Lochhead after Euripides’ version and Phaedra’s Love by Sarah Kane, a reprise of Seneca’s tragedy. The former is concerned with both challenging the patriarchal system that marginalises women in the private sphere, and with coping with the problem of “otherness” within a certain community, a theme associated with the problem of Scottish identity. This analysis is preceded by a general introduction about first- and second- wave feminism and the analysis of Euripides’ Medea. Kane’s play is an example of to the so-called “In-yer-face theatre”, a kind of experiential theatre, born in Britain in the 1990s, characterised by a blatant display of extreme states of mind: violence, brutal deaths and dreadful suffering. Phaedra’s Love takes its inspiration from Seneca’s tragedy Fedra, which is analysed together with Euripides’ Hyppolitus, the original script. While feminist aesthetics is based on Brechtian technique of estrangement (the alienation effect) which avoids the Aristotelian identification with the character, ‘In-yer-face theatre’ authors follow Artaud’s aesthetics, that is his ‘Theatre of Cruelty’, where the word is distant from original meaning and logic, to gain a magic and transforming meaning that fully affects the viewer. Displaying extreme, shocking and upsetting situations is important to make audience aware of the brutal society we live in and, by doing so, it is possible to change society from within. In conclusion, rewriting myths allows for a new approach to reality, through those universal symbols belonging to the collective unconscious, granted with a new meaning in the light of our contemporary values.
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