Riassunto analitico
Il legame tra il mondo educativo e quello naturale è una tematica che ho particolarmente a cuore e che ho ritenuto utile approfondire in prospettiva del mio futuro da insegnante. All’interno di questo lavoro si intende indagare le caratteristiche e le potenzialità degli spazi naturali utilizzati come ambienti di apprendimento, ponendo in particolare il focus su un luogo singolare: il bosco. All'interno del primo capitolo, viene descritta l’importanza che un ambiente può avere all’interno dei processi di apprendimento. Il fattore luogo ha assunto rilevanza pedagogica grazie alle riflessioni e studi legati all’attivismo pedagogico a cavallo del ‘900: da questa consapevolezza nasce l’esigenza che l’educatore metta a disposizione un ambiente di apprendimento adeguato, che fornisca cioè al bambino gli stimoli e i contenuti necessari. I cinque sensi, l’esperienza e il gioco spontaneo rappresentano dunque quel “fare concreto” immerso nella realtà circostante che rende tangibile e duraturo quanto appreso, mettendo in gioco l’immaginazione, la creatività e la capacità di problem solving. Oltre allo spazio in sé, è doveroso indagare l’utilità e le funzioni dei materiali in esso racchiusi: è da porre in particolare uno sguardo più profondo su quelli non strutturati e naturali, fonte di grande ricchezza pedagogica. Nel capitolo 2 vengono indagate le caratteristiche e le potenzialità degli ambienti educativi all’aperto, a partire dall’assunto che la natura sia un vero e proprio diritto di ciascun bambino. Questa convinzione affonda le radici all’interno di una vasta trama pedagogica, a partire da Comenio e Locke fino ad arrivare a Rousseau, che con la sua opera L’Emilio, a sua volta riceve forte influenza da Pestalozzi, noto per la metafora del bambino-seme. L’aspetto naturale dell’educazione è valorizzato anche da Dewey, il quale sottolinea l’importanza delle esperienze primarie (quindi anche di quelle all’aria aperta) e da Gardner, che descrive l’esistenza di una intelligenza naturale. Le esperienze educative in natura che hanno assunto un certo grado di notorietà sono diverse, tra cui quella di Fröbel con i giardini d’infanzia, Pizzigoni e Montessori, le scuole all’aperto italiane e l’esperienza scautistica di Baden-Powel. Meritevole di uno spazio di approfondimento è la dimensione pedagogica del rischio, presente in ogni esperienza concreta, specialmente all’aperto. Nell'ultimo capitolo, infine, l’attenzione è posta sulle scuole nel bosco, partendo da un resoconto delle prime esperienze, della relativa diffusione e le diverse tipologie esistenti, fino ad indagare quelli che sono gli ideali pedagogici che muovono queste realtà. In particolare le caratteristiche proprie di questo ambiente, tra cui l’aspetto della selvatichezza, la gestione del sé e delle relazioni, e gli apprendimenti attivati, permettono di stabilire il fatto che i boschi possano essere costruttori di sapere. Segue il tentativo di confrontare le linee guida delle Indicazioni Nazionali e i percorsi educativi di queste scuole, rilevandone le assonanze. Poi, attraverso la descrizione delle giornate trascorse all’interno di questo ambiente, con le relative attività ed equipaggiamenti necessari, si cerca di approfondire il ruolo dell’adulto in un contesto educativo boschivo, le strategie didattiche adottate e il ruolo dei materiali. L’intento di questo lavoro è stato quello di indagare il rapporto che intercorre tra natura ed educazione, e di verificare come un contesto naturale, nello specifico il bosco, sia un ambiente di apprendimento di qualità. Dopo aver quindi approfondito il ruolo degli ambienti di apprendimento, nello specifico quelli naturali, è possibile affermare che il bosco può assumere la valenza del terzo educatore, accanto all'insegnante e ai compagni.
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