Riassunto analitico
Nella presente tesi si propone lo sfruttamento della luminescenza ottica prodotta dai cromofori endogeni nelle cellule per la diagnosi precoce, rapida e non invasiva di alterazioni biologiche che portano al cancro della pelle. L’accento è stato posto sulla bioalterazione che dà origine al cancro della pelle “NMSC” (non-melanoma skin cancer), in particolare sui cheratinociti neoplastici. NMSC rappresenta il tipo più comune di tumore maligno della pelle nella popolazione bianca (primi tre fototipi). La diagnosi precoce, in particolare relativa al cosiddetto “campo della cancerizzazione della pelle” (SCF) in cui i cluster di cellule che mostrano alterazioni genetiche associate al cancro non presentano ancora visibilità clinica. E’ in genere difficile, se non impossibile, con una semplice analisi istologica di routine. Per affrontare questo problema, lo studio della fluorescenza endogena, chiamata anche auto-fluorescenza (AF), stimolata dall’illuminazione con luce a lunghezza d’onda variabile, permette di essere un potente strumento di diagnosi precoce per il rapido riconoscimento di cellule sane rispetto a cellule alterate in relazione allo sviluppo del cancro. L’attività ha previsto il montaggio e l’applicazione di un apparato semplice e portatile, basato su uno spettrometro ottico ad alta sensibilità, funzionante con fibre ottiche e un array di sorgenti luminose a LED, per misurare in vitro spettri di auto-luminescenza di cheratinociti normali e patologici. Gli spettri sono stati interpretati in termini di luminescenza dei costituenti più semplici, considerando alterazioni a livello biomolecolare e applicando simulazioni teoriche ed algoritmi multivariati per separare il comportamento normale da quello alterato/patologico. Il tema è di grande impatto, per l’alto potenziale concreto di miglioramento dell’esito del paziente dovuto ad un’analisi precoce, rapida e non invasiva con un conseguente abbassamento dei costi sanitari. Lo sviluppo di dispositivi di imaging ottico non invasivo è infatti in grado di garantire analisi migliori. Il potenziali di tali tecniche, come la dermatoscopia, microscopia confocale, tomografia a coerenza ottica, sono tecnologie sicuramente più complesse ma che richiedono ingenti costi di acquisto e manutenzione. Il che rende preferibile trovare nuove soluzioni che abbracciano tecnologie classiche, come la spettroscopia ottica. Con l’aiuto di una potente analisi multivariata, è possibile aumentare il numero di informazioni, e di conseguenza, la quantità di conclusioni qualitative che si è in grado di raggiungere. L’obbiettivo di questo progetto è dunque di indagare le potenzialità della spettroscopia di eccitazione della fluorescenza ultravioletta endogena, dove il termine “endogeno” è riferito a tutti i componenti del tessuto (prima ancora delle cellule) che una volta irradiati, rispondono emettendo luce, e quindi informazione. Il termine autofluorescenza (AF) non è da confondere con la fluorescenza “esogena” dove il segnale luminoso è dovuto ad uno o più marcatori cromofori aggiunti al campione. Essi infatti sono i responsabili dell’emissione di luce, e se, noti per una loro intrinseca capacità di legarsi a componenti chimici specifici del campione, essi sono in grado di rendere nota la loro posizione o concentrazione (spesso dati di interesse). Il termine ultravioletta invece indica il range di lunghezze d’onda con cui si eccita il campione, ovvero che parte da luce ultravioletta per poi arrivare al visibile.
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Abstract
Nella presente tesi si propone lo sfruttamento della luminescenza ottica prodotta dai cromofori endogeni nelle cellule per la diagnosi precoce, rapida e non invasiva di alterazioni biologiche che portano al cancro della pelle. L’accento è stato posto sulla bioalterazione che dà origine al cancro della pelle “NMSC” (non-melanoma skin cancer), in particolare sui cheratinociti neoplastici. NMSC rappresenta il tipo più comune di tumore maligno della pelle nella popolazione bianca (primi tre fototipi). La diagnosi precoce, in particolare relativa al cosiddetto “campo della cancerizzazione della pelle” (SCF) in cui i cluster di cellule che mostrano alterazioni genetiche associate al cancro non presentano ancora visibilità clinica. E’ in genere difficile, se non impossibile, con una semplice analisi istologica di routine.
Per affrontare questo problema, lo studio della fluorescenza endogena, chiamata anche auto-fluorescenza (AF), stimolata dall’illuminazione con luce a lunghezza d’onda variabile, permette di essere un potente strumento di diagnosi precoce per il rapido riconoscimento di cellule sane rispetto a cellule alterate in relazione allo sviluppo del cancro.
L’attività ha previsto il montaggio e l’applicazione di un apparato semplice e portatile, basato su uno spettrometro ottico ad alta sensibilità, funzionante con fibre ottiche e un array di sorgenti luminose a LED, per misurare in vitro spettri di auto-luminescenza di cheratinociti normali e patologici. Gli spettri sono stati interpretati in termini di luminescenza dei costituenti più semplici, considerando alterazioni a livello biomolecolare e applicando simulazioni teoriche ed algoritmi multivariati per separare il comportamento normale da quello alterato/patologico.
Il tema è di grande impatto, per l’alto potenziale concreto di miglioramento dell’esito del paziente dovuto ad un’analisi precoce, rapida e non invasiva con un conseguente abbassamento dei costi sanitari. Lo sviluppo di dispositivi di imaging ottico non invasivo è infatti in grado di garantire analisi migliori. Il potenziali di tali tecniche, come la dermatoscopia, microscopia confocale, tomografia a coerenza ottica, sono tecnologie sicuramente più complesse ma che richiedono ingenti costi di acquisto e manutenzione. Il che rende preferibile trovare nuove soluzioni che abbracciano tecnologie classiche, come la spettroscopia ottica. Con l’aiuto di una potente analisi multivariata, è possibile aumentare il numero di informazioni, e di conseguenza, la quantità di conclusioni qualitative che si è in grado di raggiungere.
L’obbiettivo di questo progetto è dunque di indagare le potenzialità della spettroscopia di eccitazione della fluorescenza ultravioletta endogena, dove il termine “endogeno” è riferito a tutti i componenti del tessuto (prima ancora delle cellule) che una volta irradiati, rispondono emettendo luce, e quindi informazione. Il termine autofluorescenza (AF) non è da confondere con la fluorescenza “esogena” dove il segnale luminoso è dovuto ad uno o più marcatori cromofori aggiunti al campione. Essi infatti sono i responsabili dell’emissione di luce, e se, noti per una loro intrinseca capacità di legarsi a componenti chimici specifici del campione, essi sono in grado di rendere nota la loro posizione o concentrazione (spesso dati di interesse). Il termine ultravioletta invece indica il range di lunghezze d’onda con cui si eccita il campione, ovvero che parte da luce ultravioletta per poi arrivare al visibile.
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