Riassunto analitico
Nel primo capitolo dell'elaborato finale di tesi si ripercorrono, a partire dalle definizioni di creatività che hanno caratterizzato i diversi periodi storici, i tratti del bambino creativo, le differenze evidenti che emergono tra infanzia e adolescenza nella manifestazione di processi creativi e, infine, viene proposto il significato educativo del gioco e, fondamentale in ambito creativo, il pensiero di possibilità teorizzato da Anna Craft in riferimento al gioco simbolico che si sviluppa nei primi anni dei bambini. Nel secondo capitolo si prende in esame la costruzione di contesti creativi e l'importanza di promuoverli. Vengono messi in luce gli spazi interni, come l'atelier, ed esterni, il giardino, che favoriscono ricerche creative da parte dei bambini; successivamente si fa riferimento alla classificazione dei materiali: quelli strutturati, come i puzzle, con regole ben precise da seguire, e quelli non strutturati, come la sabbia o il legno, che non hanno una finalità didattica precisa e permettono maggiori possibilità di combinazione e, di conseguenza, lo sviluppo del pensiero divergente. In terzo luogo, si esamina l’organizzazione temporale della giornata educativa, la quale deve garantire un tempo disteso nelle varie esperienze proposte per sostenere le continue ricerche e sperimentazioni dei bambini; in ultimo luogo, si fa riferimento a tre importanti strategie che l’adulto deve attuare nella relazione con il bambino quali accogliere, sostenere e promuovere le sue esplorazioni. Un dispositivo preso in esame che permette di valutare l’organizzazione del tempo, degli spazi e dei raggruppamenti è il Dispositivo DAVOPSI sviluppato per riflettere sulla qualità dei contesti educativi. Un importante affondo è stato dedicato a Loris Malaguzzi e all’immagine di bambino che ha sviluppato e che, tutt’oggi, l’approccio reggiano condivide e valorizza; il bambino è naturalmente creativo e, per questo, la scuola deve accogliere la pluralità di interessi ed essere flessibile in merito alle esperienze da proporre in base alle motivazioni che scaturiscono nei bambini, l’apprendimento di questi deriva, infatti, in gran parte dalle risorse che già dispongono quindi l’adulto deve proporre loro numerose proposte creative per offrire occasioni generative. Un luogo fortemente voluto da Malaguzzi all’interno dei nidi e delle scuole reggiane è l’atelier, inteso come luogo di ricerca; a supporto di tale contesto educativo è la figura dell’atelierista, in qualità di esperto in ambito artistico ma sempre in connessione con le figure educative presenti nel servizio. Nel terzo e ultimo capitolo si delinea l’importanza di osservare e documentare i processi creativi: l’osservazione è strettamente legata alla documentazione in quanto è la prima azione che permette di rendere visibile i processi creativi messi in atto dai bambini; la documentazione, in seguito, permette di organizzare in modo visivo le osservazioni acquisite per condividerle con insegnanti, genitori e, soprattutto, bambini per permettere loro di ripercorrere i progetti sviluppati e rilanciare nuove domande. Gino Ferri fa riferimento alla doppia funzione che la documentazione possiede, ossia di sostenere i processi di conoscenza e la potenzialità che ha di comunicare la qualità del processo educativo. Infine, si prendono in esame alcuni progetti di ricerca sviluppati a livello internazionale che hanno focalizzato l'attenzione sull'analisi dei processi creativi sviluppati dai bambini: il Project Zero e il progetto europeo Creanet; inoltre, sono esaminati progetti educativi sviluppati nei servizi per l'infanzia del territorio reggiano: “Tutto ha un’ombra, meno le formiche” e “Scarpa e metro”.
|