Riassunto analitico
L’engagement è uno strumento formidabile per ottenere un incremento della produttività senza costi aggiuntivi. Grazie all’engagement il dipendente lavora sodo non perché è retribuito, ma perché da esso riceve una gratifica, si sente necessario e sente di dare un contributo al mondo. Il fondamento dell’engagement, come abbiamo visto nei casi presentati, è basato sulla comunicazione, sul feedback e sulla leadership. Attraverso questi, si riesce a coinvolgere un lavoratore, a motivarlo e a renderlo appassionato al proprio lavoro. I lavoratori sono soggetti a rischi quali l’effetto workaholism che si espleta in una dipendenza dal lavoro e al limite dell’ossessione, l’effetto burn out che si palesa quando un lavoratore è “bruciato” e sperimenta una vera e propria disaffezione al proprio lavoro, caratterizzata da delusione, insofferenza, intolleranza, cinismo, indifferenza, ma anche da sensi di colpa, sensazione di fallimento e tendenza ad ingigantire gli eventi negativi. Evitare workaholism e burn out è l’obbiettivo che si deve prefiggere ogni manager per ottenere lavoratori engaged, entusiasti e coinvolti, che non hanno problemi a dare più di quanto richiesto per il bene dell’azienda. L’engagement mette sulla stessa lunghezza d’onda le aziende che vogliono ottenere il massimo dai propri dipendenti e i lavoratori che amano il proprio lavoro e sono disposti a lavorare duro per ottenere risultati. La cultura dell’engagement è molto sviluppata internazionalmente, mentre in Italia è utilizzata soprattutto nelle grandi società poiché quelle piccole stanno ancora facendo i conti con i danni provocati dalla crisi. Sensibilizzare la classe dirigente in merito all’employee engagement è una buona politica per ottenere di più spendendo di meno: i lavoratori engaged non sono alla ricerca di retribuzioni elevate, ma di soddisfazioni.
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