Riassunto analitico
Le donne sperimentano quotidianamente situazioni potenzialmente discriminatorie e oggettivanti dal punto di vista sessuale. Esperienze di questo tipo compromettono la qualità della vita delle donne a tal punto da portarle ad adottare il punto di vista della persona che discrimina e oggettiva, attraverso modalità di auto oggettivazione e auto sorveglianza. Pratiche dannose come quelle appena elencate condizionano negativamente ogni azione e pensiero delle donne e aumentano la probabilità di sviluppare malattie e patologie psicofisiche. L’uso di massa dei social media ha inasprito queste dinamiche, preferendo l’apparenza ai contenuti nel momento in cui le immagini promosse dai media esaltano corpi sessualizzati e oggettivati. L'obiettivo della tesi è dimostrare se la visione di immagini di corpi non conformi secondo gli stereotipi, come quelle del movimento Body Positivity, possa contrastare l'effetto dell'oggettivazione sessuale. Per rispondere alla domanda è stato sottoposto ad alcuni partecipanti un questionario online nel quale sono state mostrate immagini ritraenti corpi di donne diversi: corpi che rispettavano gli standard di bellezza e corpi promossi dal movimento Body Positivity. Entrambi i corpi sono stati mostrati sia in costume da bagno sia con un vestito che copriva una superficie maggiore del corpo. I risultati mostrano come il Body Positivity non possa rivelarsi una strategia efficace per contrastare il complesso fenomeno dell'oggettivazione sessuale. La visione di un immagine di un corpo non conforme agli standard stereotipici di bellezza non necessariamente rappresenta una forma di progresso a favore delle donne poiché definisce una visione semplificata della realtà. La questione della discriminazione e dell’oggettivazione sessuale attraverso i social media merita ulteriori ricerche destinate ad individuare un futuro percorso condiviso da intraprendere.
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