Riassunto analitico
Quando si tratta di additive manufacturing uno dei problemi che viene solitamente evidenziato è la scarsa qualità delle superfici che si ottiene dal processo di produzione. Superfici che presentano difetti non influenzano negativamente solamente l’aspetto esteriore del componente, ma possono presentare anche un ostacolo al corretto funzionamento dell’oggetto nella fase di utilizzo. I difetti superficiali che caratterizzano i componenti prodotti con questa tecnologia possono essere limitati regolando adeguatamente i parametri di produzione ma non è possibile eliminarli del tutto. Quindi la strada che spesso si percorre prevede l’utilizzo di processi di post-produzione che correggano o eliminino gli errori presenti.
L’obiettivo di questo studio è quello di verificare se il processo di chemical milling può risultare un valido candidato per la fase di post-lavorazione di elementi prodotti attraverso L-PBF (Laser Powder Bed Fusion). I campioni utilizzati per questo scopo sono provini in lega di alluminio che presentano due superfici caratteristiche, una di upskin e una di dowskin. Solamente una porzione dei provini è stata sottoposta al processo di finitura superficiale, la zona restante è lasciata allo stato grezzo di produzione. Questa separazione permette di eseguire l’analisi sull’efficacia della finitura osservando le variazioni che si hanno tra le due zone.
Il processo di chemical milling può sembrare a primo impatto una valida alternativa ai processi di finitura più tradizionali. In particolare perché spesso i pezzi prodotti attraverso additive manufacturing sono utilizzati in contesti particolari che possono richiedere geometrie complesse, elevata precisione dimensionale o un limitato numero di pezzi per lotto. La tecnologia di chemical milling prevede la corrosione controllata e uniforme delle superfici dei pezzi sottoposti al processo e quindi può apparire come la scelta più immediata. Ovviamente, però, questo tipo di tecnologia di finitura presenta anche degli aspetti negativi che devono essere tenuti in considerazione.
Per comprendere l’efficacia di questo tipo di finitura superficiale si è proceduto ad effettuare una caratterizzazione delle superfici dei provini forniti. Per acquisire le immagini delle superfici sono stati utilizzati un microscopio confocale e un microscopio elettronico a scansione (SEM).
Lo studio ha mostrato come ci possano essere miglioramenti nelle zone lavorate, soprattutto se la condizione di partenza non è ideale, come nel caso delle superfici di downskin. Le potenzialità per una applicazione quindi ci sino ma dipenderà dal tipo di risultati e dalla qualità che si vogliono ottenere nel pezzo finito.
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