Riassunto analitico
The Tempest è il dramma shakespeariano più riletto, rivisto e riadattato. Esso ha ispirato scrittori, musicisti, pittori e registi, continuando a vivere nei secoli in un’enorme varietà di forme. Le molteplici interpretazioni cui si presta, i valori patriarcali e maschilisti sottostanti, i temi, quali il colonialismo, la schiavitù e le relazioni di potere, la complessità dei protagonisti, sono solo alcuni degli aspetti che hanno incoraggiato numerosi artisti a rivisitare l’opera. Il presente studio si propone di esaminare quattro riscritture tra la metà del Novecento e i primi anni Duemila: The Sea and the Mirror: A Commentary on Shakespeare’s The Tempest (1944) di W.H. Auden, Snapshots of Caliban (1984) e Sycorax (2006) di Suniti Namjoshi, e Indigo (1992) di Marina Warner. Lo scopo del lavoro è quello di dimostrare come queste riletture del testo canonico shakespeariano abbiano dato vita a opere autonome rispetto all’originale, che ripropongono la complessità semantica di The Tempest, ma giungono a risultati del tutto personali. Il poemetto di W.H. Auden offre una delle interpretazioni più toccanti dell’opera shakespeariana. Il poeta riflette sull’arte e sulla religione, dipingendo i vari personaggi del testo come esseri umani alla ricerca di se stessi, e rendendo il lettore parte integrante dell’opera stessa, invitandolo all’interazione e alla riflessione. Suniti Namjoshi dedica due sequenze poetiche all’opera shakespeariana: la prima, Snapshots of Caliban, come si evince dal titolo, è incentrata sul personaggio di Caliban, tramutato in donna e alle prese con la sua infatuazione per Miranda; mentre la seconda, Sycorax, ha per protagonista la strega algerina che nell’originale vive solo nei racconti e nei ricordi degli altri personaggi. Nei frammenti di Namjoshi, Sycorax, rimasta sola sull’isola, può finalmente ripercorrere il passato e ritrovare se stessa, così come i personaggi di Auden. Anche Marina Warner, in Indigo, dà voce alla vecchia Sycorax e, sfidando i pregiudizi razzisti e sessisti sulla strega malefica shakespeariana, la dipinge come una donna dotata di abilità pratiche e intellettuali, una mater natura che possiede arti magiche e conosce i segreti più profondi dell’isola della quale si vogliono impossessare i colonizzatori. Anche Miranda ha un ruolo centrale nell’opera e, come nelle Snapshots di Namjoshi, si riscatta dal potere patriarcale al quale era assoggettata in Shakespeare. L’opera, al contrario dell’originale, è un tripudio di voci femminili, che permettono di ricostruire la storia coloniale inglese, direttamente collegata al passato della famiglia dell’autrice stessa. Ognuna di queste riletture, contribuisce a preservare l’immortalità di The Tempest e del suo autore, oltre che a stabilire ulteriori connessioni con altri testi, creando una rete di relazioni tra opere appartenenti a varie epoche, ma unite da una traccia comune.
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Abstract
The Tempest is the most appropriated Shakespearean play. It has inspired poets, musicians, painters and movie directors, who have allowed it to live through the centuries in a huge variety of forms. The complexity of its characters, its semantic openness, with underlying patriarchal and sexist touches, dealing with themes, such as colonialism, slavery and power relations, are just some of the aspects that have encouraged many artists to revisit it.
The present study examines four rewritings, from the 1940s to the beginning of the Twenty-first century, namely: W.H. Auden’s The Sea and the Mirror: A Commentary on Shakespeare’s The Tempest (1944) , Suniti Namjoshi’s Snapshots of Caliban (1984) and Sycorax (2006), and Marina Warner’s Indigo (1992). The central aim of the thesis is to demonstrate how these appropriations of the Shakespearean drama metamorphize the source text, in order to give life to completely new works, which encompass and individually re-interpret the semantic potential of The Tempest.
Auden’s long poem is one of the most striking interpretations of the Shakespearean romance. The poet reflects on art and religion, portraying the various characters of the original text as human beings in search for the meaning of their existence. Readers become other protagonists in this work, since they are asked to give their personal contribution.
Suniti Namjoshi dedicates two poetical sequences to The Tempest. The first, Snapshots of Caliban, as suggested by its title, focuses on the character of Caliban, transformed into a lesbian woman, struggling to come to terms with her feelings for Miranda. The second, Sycorax, is dedicated to the Algerian witch who, in the original, only lives in the memories of the other characters. Finally alone on her island, she can now recall the past and reflect on her own existence, just like Auden’s protagonists.
In Indigo, Marina Warner, too, gives voice to the old Sycorax and, by challenging and debunking the latent racist and sexist prejudice towards the maleficent witch in the original play, she portrays her as a capable woman, a mater natura who owns magical powers and knows the secrets of the island the colonizers want to appropriate. Also Miranda has an important role here and, just like her counterpart in Namjoshi’s Snapshots, she frees herself from the patriarchal power to which she is submitted in Shakespeare. The novel, unlike the original text, gives power to female voices, to present an account of English colonial history, which is directly connected with Warner’s ancestors.
Each of these appropriations of The Tempest both preserves the immortality of the source text and its author, and by establishing connections with other texts, creates an open web of works of art, all, in different ways, indebted to the English Bard.
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