Riassunto analitico
La storia dell’industria della moda italiana, ha subito, nel corso degli anni successivi al secondo dopoguerra, un profondo processo di ristrutturazione che ne ha fatto, all’inizio degli anni settanta e ottanta, un modello di sviluppo in grado di rafforzare la competitività, anche internazionale dell’intero sistema industriale e distributivo del settore. La Moda italiana, infatti, non è fatta solo di prodotti finiti anzi, ciò che rende tale settore unico rispetto agli altri deriva proprio dalla sua struttura organizzativa interna articolata in una lunga catena di fasi, attività e personale dalla cui interazione dipende buona parte del successo che il prodotto ottiene sul mercato finale. Questo processo è ciò che si definisce filiera. Il successo della moda italiana è in gran parte dovuto dall’elevato grado d’interazione, tra i singoli comparti della filiera, che rende possibile la continua condivisione d’idee e innovazioni, fondamentali in un settore, quello della moda, che per sua natura si alimenta dell’innovazione continua. Dagli anni Novanta, si assiste a un’evoluzione nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che permette di elaborare, trasmettere, condividere e utilizzare un’enorme e sempre più crescente quantità di informazioni ad una velocità e affidabilità molto superiori rispetto al passato. L’apertura dei mercati al commercio internazionale, la nascita di accordi volontari e la successiva abolizione dell’Accordo Multifibre sono tutti elementi che hanno portato a un ripensamento delle strategie industriali. Se fino agli anni Settanta la delocalizzazione aveva interessato il Sud d’Italia dagli anni Novanta con la globalizzazione e la concorrenza dei paesi emergenti, le imprese sono spinte a spostarsi oltre confine. In particolare sono le attività così dette “labour intensive” ad essere delocalizzate ma, vedremo che col passare del tempo, la crescita nel know-how degli addetti esteri porterà ad un cambiamento nella tipologia di attività delocalizzate e, a fronte di un aumento della ricchezza di questi Paesi, il trasferimento delle attività avrà l’obiettivo di fare degli stessi il mercato di sbocco. Una globalizzazione in continua e rapida evoluzione che nel Nuovo Millennio farà della delocalizzazione non più l’imperativo strategico. Aprire stabilimenti produttivi oltre i confini nazionali o affidare la produzione a fornitori esteri per risparmiare è un criterio superato. Oggi i vantaggi economici della delocalizzazione non sono poi così grandi mentre, la garanzia di un prodotto interamente realizzato in Italia è un valore aggiunto sempre più richiesto e apprezzato dal mercato. Infatti, negli ultimi anni si sta registrando un ritorno in patria di quelle stesse aziende che avevano delocalizzato. L’obiettivo della tesi è quello di analizzare l’evoluzione della struttura dell’industria italiana della Moda e il ruolo assunto sul mercato nazionale ed internazionale nel corso del tempo. La parte empirica del lavoro, consiste nell’analisi dei risultati di un questionario somministrato a quattro imprese selezionate in base ad area geografica e settore. Nello specifico il questionario mira ad individuare i pensieri, le idee e le scelte che hanno influenzato l’orientamento delle imprese nei confronti dei fenomeni di offshoring e reshoring. Attraverso lo studio dei due fenomeni e l’analisi dei casi pratici selezionati, emerge che, nonostante l’ultimo periodo si sia registrato un ritorno delle produzioni in patria, queste riguardano in particolare le linee “Top di gamma”, per le quali i clienti esteri sono disposti a pagare un premium price. Per quanto riguarda produzioni che si collocano nella fascia medio-bassa del mercato però, il fattore costo gioca tuttora un ruolo fondamentale, che porta tali aziende a mantenere delocalizzata parte della filiera produttiva.
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