Riassunto analitico
Questo studio nasce dalla necessità di sviluppare modelli produttivi circolari e sostenibili, valorizzando i materiali di scarto per creare prodotti ad alto valore aggiunto. Tale approccio riduce la dipendenza dalle risorse fossili, limita la produzione di scarti e favorisce la transizione verso modelli economici più sostenibili. L'attenzione è stata posta sulla valorizzazione del glicerolo, principale scarto della produzione di biodiesel, che rappresenta circa il 10% in peso. Il recupero di questo sottoprodotto è una strategia per ridurre i costi del biocombustibile, migliorandone la competitività rispetto ai combustibili fossili. In questo scenario, i processi fermentativi del glicerolo stanno acquisendo un ruolo sempre più rilevante. Lo studio si concentra sulla valorizzazione del glicerolo mediante fermentazioni con cellule di Wickerhamomyces anomalus WC1501 immobilizzate su diversi supporti. Questo lievito converte il glicerolo in arabitolo, un polialcol a 5 atomi di carbonio, di interesse per l'industria alimentare, chimica e farmaceutica. W. anomalus WC1501 è stato immobilizzato su supporti differenti: biocapsule in calcio alginato (AB), pellet di micelio inattivato e capsule in PVA e calcio alginato. L'obiettivo è stato confrontare le tecniche di immobilizzazione e valutare la resa produttiva, la crescita cellulare e la resistenza dei supporti stessi durante il processo di fermentazione. Ottimizzati i protocolli di immobilizzazione, sono state condotte prove di produzione in beuta. Successivamente i processi produttivi sono stati trasferirti, ove possibile, in bioreattori ad agitazione meccanica (stirred tank reactor, STR) e pneumatica (air lift reactor, ALR). Nel complesso, è stato osservato che l’immobilizzazione in pellet di micelio non risulta applicabile ai processi in bioreattore ALR poiché, le biocapsule si sono dimostrate troppo suscettibili ed andavano incontro a completa disgregazione. Le AB hanno mostrato una resistenza meccanica leggermente superiore rispetto al micelio. Tuttavia, questa non è risultata adeguata all’utilizzo delle AB in un fermentatore STR: l’agitazione è stata mantenuta costante a 300 rpm per ridurre lo stress meccanico, ma questo ha determinato una limitazione dell'ossigeno, ostacolando il metabolismo respiratorio del lievito e la produzione. Infatti, dopo 160 h, sono stati consumati solo 11 g/L di glicerolo dei 120 inizialmente presenti e prodotti 2.9 g/L di arabitolo, con una resa di conversione (Yₚ/ₛ) del 26%. La miscelazione e l’ossigenazione del mezzo è stata significativamente migliorata nell’ALR. In questo bioreattore, il lievito immobilizzato in AB ha consumato 89.4 g/L di glicerolo in 168 h, con una produzione di 38,1 g/L di arabitolo, ottenendo una Yₚ/ₛ del 42% e una produttività volumetrica di 227 mg/L/h. L’immobilizzazione in carrier di PVA e alginato è risultata la più efficace per la resistenza meccanica. Le beads di PVA hanno mantenuto la stabilità anche a velocità di agitazione tra 1100 e 1600 rpm per 35 giorni, senza disgregarsi, consentendo l’utilizzo in STR. Al termine del terzo ciclo di produzione, corrispondente al giorno 35, sono stati prodotti complessivamente 20.8 g/L di arabitolo, con il consumo di 39.8 g/L di glicerolo. La resa media Yₚ/ₛ nei tre cicli di produzione è risultata pari al 51%. Questi risultati dimostrano come tale strategia di immobilizzazione, sebbene richieda una metodica di allestimento più complessa, sia la più stabile e resistente nel tempo, permettendo anche di ovviare al problema della limitazione di ossigeno. Inoltre, l'immobilizzazione delle cellule offre vantaggi rispetto alla coltura libera: stabilità, resistenza meccanica e riutilizzo, per una produzione continua ed efficiente.
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