Riassunto analitico
La letteratura accademica economica aziendale negli ultimi anni sta radicalmente cambiando la concezione del ruolo del consumatore. Il consumatore non è più visto come un soggetto passivo, dedito esclusivamente all’acquisto, mosso da interessi strettamente individuali e che prende decisioni valutando solamente il prezzo e la forza persuasiva esercitata della pubblicità. Nella nuova accezione, il consumatore è visto prima come persona e successivamente per il suo ruolo all’interno del ciclo economico. L’idea di fondo di questa teoria è quella di cambiare il paradigma della relazione tra impresa e consumatore non vedendola più a senso unico ma come relazione di scambio: l’azienda cede il bene e acquista fiducia e sostegno. Il consumatore instaura un rapporto umano con l’impresa, egli può collaborare, può supportarla, può difenderla, può disprezzarla e può, anche, odiarla. I sentimenti negativi sono solitamente associati a situazioni particolari, come ad esempio scandali aziendali che minano il rapporto di fiducia instaurato tra le parti. La presente ricerca, parte dagli studi di Dutta e Pullig (2011) sulle crisi aziendali, i quali identificano due tipologie di crisi: crisi di performance (legate strettamente al prodotto) e crisi di valore (legate a questioni etiche) e dagli studi di R. Trump (2013) sulla self-brand connection. Lo scopo di questo lavoro è quello di esaminare le reazioni dei consumatori ad uno scandalo aziendale del proprio brand preferito, cercando riscontri empirici alla tesi secondo cui i consumatori non rispondono in modo identico ad ogni crisi ma a seconda del tipo di crisi adotteranno un comportamento diverso che dipenderà del legame e dal coinvolgimento che hanno con il brand.
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