Riassunto analitico
I cateteri urinari permanenti sono dispositivi medici impiantabili utilizzati largamente in ambito sanitario allo scopo di favorire il drenaggio delle vie urinarie. La principale complicanza dovuta all’impiego di tali dispositivi è l’insorgenza di infezioni urinarie ovvero patologie infettive che colpiscono una parte dell’apparato urinario e che possono portare a serie complicazioni cliniche. Si stima che in ambito assistenziale sia sottoposta a cateterizzazione permanente una percentuale di pazienti compresa tra il 15 e il 25% e che il rischio giornaliero di acquisizione di batteriuria oscilli tra il 3 e il 7%; il 10-25% dei soggetti che acquisiscono batteriuria asintomatica svilupperà poi una sintomatologia. A causa dell’ampio uso di cateteri le infezioni delle vie urinarie rappresentano una delle infezioni nosocomiali più frequenti. I microrganismi causa di tali infezioni sono quasi sempre patogeni opportunisti residenti a livello intestinale, sulla cute o sulle mucose dell’ospite. I maggiori responsabili sono alcuni batteri Gram-negativi quali Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Proteus mirabilis, Morganella morganii, Klebsiella pneumoniae e Providencia stuartii, ma sono spesso riscontrati anche batteri Gram-positivi quali Staphylococcus aureus, Enterococcus faecalis e Bacillus subtilis e funghi in particolare del genere Candida. Il catetere rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di infezioni a livello delle vie urinarie perché altera i fisiologici i meccanismi di difesa che normalmente impediscono la colonizzazione del tratto urinario e quindi favorisce l’ingresso di patogeni ed inoltre offre una superficie ideale per lo sviluppo di biofilms ovvero masse di microrganismi immersi in una matrice extracellulare, detta esopolisaccaride, che conferisce molti vantaggi. Nei biofilms i microrganismi sono più protetti sia dalle difese dell’organismo ospite sia dai farmaci antibiotici che vengono somministrati, inoltre queste colonie rappresentano delle nicchie ideali per lo scambio di informazioni genetiche che conferiscono resistenza agli antibiotici. Per ridurre il rischio di insorgenza di resistenze batteriche il trattamento antibiotico va eseguito solo in caso di comparsa di una sintomatologia e solo dopo aver rimosso ed eventualmente sostituito il catetere poiché è noto che batteri intrappolati in un biofilm possono sopravvivere a concentrazioni di antibiotico 100-1000 volte più elevate rispetto alle concentrazioni necessarie per eradicare batteri planctonici della stessa specie. In seguito a colonizzazione del catetere e formazione di biofilms può insorgere anche un altro problema clinico: le incrostazioni, ovvero formazioni solide dovute a precipitazione di sostanze contenute nell’urina che si depositano sulle superfici del catetere in seguito a produzione di ureasi da parte di alcune specie batteriche. Date le problematiche legate all'uso di cateteri permanenti, è chiaro che il fattore preventivo gioca un ruolo di fondamentale importanza; per questo recentemente la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di cateteri capaci di impedire o ritardare la colonizzazione microbica e lo sviluppo di biofilms e incrostazioni sulle superfici. Si tratta di cateteri rivestiti con materiali in grado, grazie alle loro proprietà chimiche, di impedire l’adesione di componenti inquinanti e strutture batteriche, o rivestiti con sostanze antimicrobiche quali leghe d’argento, antibiotici, clorexidina, triclosano. Negli ultimi anni gli studi si stanno anche muovendo nella direzione di tecnologie innovative come per esempio l'uso di batteriofagi, peptidi o enzimi antimicrobici.
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