Riassunto analitico
Il tema del rapporto tra i bambini e gli spazi urbani è stato a lungo trascurato da pedagogisti, sociologi, urbanisti, architetti, politici e amministratori locali. Negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso negli Stati Uniti, e negli anni Novanta in Italia, alcuni esperti hanno iniziato ad approfondire queste tematiche, ma pochi sono gli studi che hanno riflettuto su un diverso e migliore rapporto tra il bambino e la città, cioè tra il bambino quale soggetto competente e la città quale laboratorio sociale e luogo di esplorazione, incontro e cambiamento. Il rapporto tra lo spazio urbano e i bambini risulta rilevante per le esperienze, le rappresentazioni simboliche, i modelli culturali e sociali e i sistemi di valore che i bambini possono elaborare. L’occupazione di un determinato spazio, la possibilità di percorrerlo, impadronirsene, controllarlo, modificarlo e interpretarlo, appaiono fondamentali per lo sviluppo del bambino. A seconda che gli spazi urbani siano autorizzati o proibiti, casuali o designati, pubblici o privati, individuali o collettivi, essi contribuiscono a strutturare identità diverse e, soprattutto, sollecitano o inibiscono l’esplorazione e la conquista dei bambini. È importante, dunque, riflettere su come le caratteristiche dell’ambiente socio-fisico possano influenzare le conoscenze ambientali, i comportamenti e le esplorazioni dei bambini. In quale misura, però, lo spazio urbano odierno permette al bambino di realizzare questo? Quali sono i rapporti che i bambini instaurano oggi con la città? Le città costituiscono delle vaste e ricche risorse economiche, sociali, culturali e educative, ma la loro natura nel tempo ha subito delle trasformazioni significative. A partire dalla seconda metà del secolo scorso, da un lato, si registra un sensibile miglioramento delle condizioni di vita dei minori in relazione ad alcuni parametri fondamentali come la mortalità infantile, i livelli di istruzione, le condizioni abitative e la tutela dei loro diritti fondamentali; dall’altro, si manifesta un sensibile peggioramento in un ambito altrettanto importante per la qualità della vita dei bambini: quello della relazione con il proprio ambiente di vita quotidiano. I cambiamenti avvenuti all’interno delle famiglie, la crescita delle ansie e delle aspettative nei confronti dei figli, il boom della motorizzazione privata e le trasformazioni delle pratiche e del tessuto urbano diventano ostacoli sempre maggiori a una fruizione diretta e autonoma della città da parte dei bambini. Se pochi, però, sono gli studi relativi al rapporto tra infanzia e spazio urbano, ancor meno risultano le ricerche sul rapporto tra prima infanzia e spazio urbano. La prima infanzia nella città odierna, forse più che in passato, non ha o ha una scarsa relazione con gli spazi urbani. I bambini piccoli difficilmente riescono a vivere la città: toccare, calpestare, vedere, raccogliere, correre, camminare, rotolare e sporcarsi sono spesso azioni a loro negate; in questo modo, non riescono a fissare e organizzare il loro spazio e a costruirsi la loro immagine della città. I bambini si trovano, dunque, a vivere una relazione con gli spazi urbani non spontanea, spesso mediata da figure adulte che, a loro volta, conoscono e vivono sempre meno la città. Gli spazi pubblici della comunità locale (marciapiedi, piazze, centri commerciali, biblioteche, parchi, musei, teatri, ecc.) possono invece rappresentare i luoghi ideali per il coinvolgimento democratico dei bambini. Nella tesi viene presentata un’indagine che tenta di focalizzare l’attenzione sull’esplorazione infantile dello spazio urbano e su un uso significativo degli spazi pubblici nella prospettiva della partecipazione democratica dei bambini. Nell’indagine vengono analizzati e categorizzati i comportamenti della prima infanzia per comprendere cosa fanno e quali tipi di esplorazioni mettono in atto negli spazi urbani i bambini al di sotto dei 6 anni.
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