Riassunto analitico
Contesto. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle condizioni croniche complesse hanno influenzato le modalità di misurazione e di valutazione dello stato di salute, rendendo necessaria l’implementazione di un nuovo modo di intendere tale diritto fondamentale attraverso le cure palliative (CP). L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno oltre i 56.8 milioni di individui, di cui 25.7 milioni ritenuti in fine vita, necessitino di CP, ma che solo il 12% di questi bisogni vengono soddisfatti. Inoltre, il bisogno globale continuerà a crescere. È pertanto essenziale continuare a promuovere una maggiore consapevolezza e garantire l’accesso alle cure palliative. Utile a questo scopo può essere l’utilizzo dei percorsi assistenziali integrati, documenti che delineano le fasi essenziali dell’assistenza multidisciplinare nell’affrontare uno specifico problema, come può essere la gestione ospedaliera del paziente che si trova nella fase finale di vita. Obiettivi. La seguente tesi vuole proporre un progetto di miglioramento da attuare all’interno dell’Unità Operativa di Malattie Infettive del Policlinico di Modena, con lo scopo di migliorare la qualità dell’assistenza erogata ai pazienti che si trovano a vivere il loro fine vita in reparto. Nello specifico, gli obiettivi che si prefigge sono aumentare la capacità del personale di indentificare i pazienti morenti, ottenere su di loro un ottimale controllo dei sintomi, aumentare la soddisfazione negli operatori e offrire un’esperienza di assistenza di qualità anche ai famigliari dell’assistito. Materiali e metodi. Per sviluppare la seguente proposta di miglioramento è stata usata come linea guida il Liverpool Care Pathway (LCP), un percorso di assistenza integrato ideato verso la fine degli anni Novanta in Inghilterra che aveva lo scopo di trasferire il modello di assistenza erogato negli hospice al setting ospedaliero e ad altre realtà. Esso prevede quattro sezioni chiave ossia: l’individuazione del paziente da includere nel percorso di fine vita, la valutazione iniziale dell’assistito, il monitoraggio continuo rispetto agli obiettivi che si sono stabiliti e l’assistenza ai famigliari dopo il decesso. In Italia è stato tradotto e adattato al contesto italiano nel 2007, e da allora sono stati condotti diversi studi che hanno dimostrato l’impatto positivo che la sua applicazione comporta, sia in termini di sicurezza provata dal personale nella gestione del paziente in fine vita, ma anche nella sospensione dei trattamenti inappropriati e/o nel supporto dei famigliari. È stato pertanto utilizzato come fondamento per sviluppare il progetto, composto inoltre da un iniziale corso di formazione sugli argomenti che tratta e la proposta di alcune modifiche rispetto al setting dedicato ai pazienti che si trovano a vivere il loro fine vita in reparto. Conclusioni. Le cure palliative sono importanti perché migliorano la qualità della vita dei pazienti affetti da malattie gravi, offrendo un’assistenza globale che include il sollievo dal dolore, il supporto emotivo e psicologico e il rispetto della dignità e dell’autonomia. Purtroppo, anche se definite dalla Legge un diritto inviolabile di ogni cittadino, il tasso di copertura che offrono è ancora insufficiente e coinvolge anche gli ospedali; per questo motivo l’attuazione di un percorso di assistenza integrato come il LCP potrebbe rappresentare il giusto metodo per iniziare a garantire a questi pazienti un’assistenza di qualità in modo coordinato e sistematico. Offrirebbe inoltre ai professionisti un modello di cura mirato e pertinente, un supporto al processo decisionale e un aiuto all’uso più appropriato dei medicinali per il controllo dei sintomi, con un miglioramento della soddisfazione e della percezione delle cure erogate.
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