Riassunto analitico
L’Epatocarcinoma rappresenta una delle epatopatie croniche ed è il tumore più diffuso a livello del fegato. Vista l’elevata incidenza e aggressività, la ricerca clinica/farmaceutica da sempre cerca di sviluppare nuovi e alternativi trattamenti. L’approccio iniziale ha visto l’impiego di chemioterapie citotossiche, pur con scarsissimi risultati; la Doxorubicina per anni è stata considerata la cura standard, nonostante non ci fossero evidenze riproducibili sull’efficacia. Solo nel 2007 con l’avvento della terapia sistemica, vi è stato un sostanziale progresso nella cura di questo tipo di tumore. La scoperta del Sorafenib e del Regorafenib, rispettivamente nel 2007 e nel 2017, ha portato ad un prolungamento della sopravvivenza globale dei pazienti affetti da HCC e ad un aumento del tempo di progressione della malattia. Tali farmaci sono diventati il riferimento per il trattamento e ad oggi la terapia standard per i pazienti affetti da Epatocarcinoma avanzato prevede, in seguito alla chemioemebolizzazione, il trattamento con Sorafenib (Nexavar-Bayer) in prima linea e, in seguito a progressione con quest’ultimo, il Regorafenib (Stivarga-Bayer) in seconda linea. Questi farmaci, però, hanno ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dal continuo monitoraggio dell’Agenzia Italiana del Farmaco il che richiede una costante ed efficace azione di farmacovigilanza sul trattamento. Il mio progetto di tesi sperimentale sviluppato presso la Farmacia Ospedaliera della Azienda Universitaria-Policlinico di Modena si è inserito in questo contesto, volto a confrontare l’Overall Survival di pazienti della provincia di Modena, affetti da HCC avanzato, che hanno assunto Sorafenib e Regorafenib dal Gennaio 2017 al Settembre 2020 con quella emersa dagli studi clinici registrativi di fase III, Sharp e Resorce, che hanno permesso la commercializzazione dei due farmaci. Per fare ciò, grazie all’applicativo aziendale Diapason della Farmacia Ospedaliera del Policlinico di Modena, ai piani terapeutici cartacei, al portale COMnet del Centro Oncologico Modenese e ai registri AIFA, è stato possibile individuare 91 pazienti (72 dei quali hanno assunto solo Sorafenib, mentre 19, in seguito a progressione di malattia, sono stati trattati anche con Regorafenib nel periodo di tempo considerato). Dai risultati è emerso come la sopravvivenza globale della coorte dei pazienti della provincia di Modena sia inferiore rispetto a quanto riportato dagli studi clinici, sia considerando il singolo periodo di assunzione dei due farmaci sia considerando il ciclo complessivo della terapia sequenziale. Questi risultati negativi potrebbero essere dovuti all’inferiorità numerica della coorte dei pazienti della provincia di Modena, nonostante essi siano paragonabili alla popolazione dei trials clinici per età e sesso, ma anche ad un probabile stadio più avanzato della patologia nei pazienti individuati. Nonostante la prognosi della malattia sia alquanto infausta e i risultati della ricerca non siano sovrapponibili a quelli dei trials clinici, il progetto ha voluto sottolineare l’importanza degli studi osservazionali al fine di proseguire il monitoraggio dei farmaci in seguito alla loro commercializzazione e per poter esaminare nella realtà gli eventi che si verificano nei pazienti al di fuori di uno studio sperimentale.
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