Riassunto analitico
La superficie oculare è formata da epitelio corneale, limbare e congiuntivale. L’epitelio limbo-corneale è formato da cheratinociti cuboidali adesi allo stroma corneale. Ustioni chimiche o danni fisici compromettono l’omeostasi dell’epitelio corneale e producono un processo di congiuntivalizzazione che genera neovascolarizzazione, infiammazione, cicatrici stromali, opacità e perdita della vista causata dalla migrazione delle cellule congiuntivali a scopo di ripristino del danno. I tipi di danno sono due in relazione alla assenza o presenza di Limbal Stem Cell Deficiency. In assenza di LSCD, la Cheratoplastica, trapianto allogenico di cornea, rappresenta un possibile trattamento ma nel caso contrario in cui ci sia LSCD la cheratoplastica sfocia in un fallimento. I trapianti da donatori però mostrano rischi di rigetto, infezioni e trasmissione di patogeni. Il successo nel trattamento terapeutico risiede nella rigenerazione dell’epitelio corneale attraverso l’uso di culture cellulari limbari autologhe. Tale progetto rappresenta un modello di ricostruzione in vitro di una emicornea umana (stroma+epitelio) utilizzando un nuovo scaffold colonizzato da cheratinociti autologhi. Uno dei primi tentativi di ricostruzione emicorneale ha impiegato uno scaffold costruito mediante l’azione di un forte campo magnetico ma ha mostrato dei fallimenti probabilmente dovuti alla poca resistenza biomeccanica. Un nuovo scaffold proposto, è dotato di alta resistenza meccanica oltre che di trasparenza, biocompatibilità, biodegradabilità e di derivazione naturale (marina). Lo scaffold deve prima essere deproteinizzato con NaOH, lavato e sterilizzato in autoclave. In seguito, deve essere funzionalizzato attraverso coating con Collagene e Fibronectina per conferire alla sua superficie una maggiore capacità di adesione per la popolazione cellulare. Il substrato viene poi colonizzato con 3T3 murine irradiate e cheratinociti limbari tenuti in coltura fino alla giusta confluenza. Scopo della tesi è valutare l’adesione delle cellule staminali limbari coltivate sullo scaffold a confronto con cheratinociti cresciuti su “scaffold clinical grade” standard (Fibrina). Studi iniziali sugli effetti della rigidità del materiale (stiffness) evidenziano la capacità dello scaffold di preservare adesione, staminalità, proliferazione e differenziamento dei cheratinociti, confermando la assenza di tossicità e la biocompatibilità dello scaffold. Indagini di immunofluorescenza e western-blot evidenziano una diminuzione di espressione di una molecola essenziale per l’ adesione, Lamb3 (laminina 5, catena beta3) in cellule coltivate su scaffod. Tale diminuzione determina una perdita di organizzazione delle integrine: recettori di membrana che regolano e coordinano l’adesione cellulare con la meccanotrasduzione e dunque il potenziale proliferativo su lungo termine degli stessi cheratinociti. Nello specifico, analisi di immunofluorescenza su integrine alpha6beta4 e Beta1, mostrano una configurazione de localizzata in cellule coltivate su scaffold rispetto a cheratinociti coltivati su Fibrina o di cornea in vivo. Sebbene non si evidenzino differenze di espressione nei marker di proliferazione (ki67) e basali in genere (Ck14), tra scaffold e controlli è rilevata una alterazione del “pathway” di meccanotrasduzione, che produce de-localizzazione nucleo-citosol di YAP/TAZ, dovuta presumibilmente alla parziale mancanza della Lamb3. Infine, conseguenza di tali alterazioni e della bassa espressione di Lamb3, è una ridotta espressione delle cellule staminali sullo scaffold. Interventi futuri prevedono funzionalizzazioni chimiche o nanobiotecnologiche volte a migliorare l’interazione laminina-scaffold. Tale progetto è un valido esempio di problematiche inerenti il Tissue Engineering.
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