Riassunto analitico
Il glioblastoma multiforme (GBM) è il tumore più comune e maligno tra le neoplasie del sistema nervoso centrale. Questa neoplasia, deriva principalmente dalle cellule gliali le quali hanno la funzione di mantenere l’omeostasi, generare mielina e sostenere e proteggere le cellule neuronali. Il GBM acquista facilmente ed in breve tempo, resistenza ai trattamenti tradizionali, quali l’uso di radioterapia e agenti alchilanti del DNA. La terapia attuale prevede l’utilizzo della temozolomide: un agente alchilante che interferisce con i meccanismi di riparazione del DNA. Cicli di radioterapia alternati a cure chemioterapiche non migliorano in modo significativo le aspettative di vita dei pazienti e qualora sia possibile, la chirurgia permette di migliorare la qualità di vita del paziente e di allungarne la sopravvivenza. Nonostante i grandi sforzi di ricerca, gli attuali agenti chemioterapici approvati o in fase clinica avanzata offrono un quadro di scarso miglioramento prognostico. Data la scarsità di cure efficaci contro il GBM, attualmente la ricerca si sta concentrando nell’individuazione di nuove strategie terapeutiche, quali la terapia multi- target. In questo lavoro di tesi, si è cercato di mettere in luce le differenze di attività di un derivato [1-(4-amino-3,5-dimetilfenil) 3,5-diidro-7,8-etilendiossi-4h-2,3 benzodiazepin-4-one] denominato 1G su cellule neuronali staminali derivanti da fluido amniotico differenziate (AFSC) e sulla linea cellulare di glioblastoma umano (U87MG). Numerosi studi hanno già mostrato gli effetti inibitori sulla proliferazione e migrazione cellulare derivanti dall’utilizzo di derivati 2,3 benzodiazepinici. Studi precedenti su questo derivato, hanno evidenziato la sua capacità di ridurre la vitalità cellulare di linee cellulari tumorali in modo dose/tempo dipendente con un effetto citostatico piuttosto che citotossico. In particolare 1G, è stato in grado di arrestare il ciclo cellulare nella fase G2/M attraverso l’up-regulation di Cdc2 e Myt-1, proteine coinvolte appunto nella regolazione del ciclo cellulare. A fronte di queste ricerche, il nostro studio si è focalizzato sulle diverse attività del derivato sulla linea cellulare di glioglastoma umano (U87MG) e su cellule staminali derivate da liquido amniotico differenziate in cellule neuronali (AFSC) al fine di valutarne la tossicità e comprenderne più esaustivamente il meccanismo d’azione. I test di vitalità cellulare, hanno dimostrato una differenza di attività del composto 1G, il quale sembrerebbe non avere un effetto tossico significativo sulle cellule neuronali staminali rispetto agli effetti che il derivato provoca sulle cellule tumorali di glioblastoma. Inoltre, attraverso studi di immunofluorescenza su entrambe le tipologie cellulari, è stato possibile osservare una differenza sostanziale tra il controllo e il trattato con composto 1G alla concentrazione 20 µM. In particolare, nelle cellule di glioblastoma, già a tre ore di trattamento, si osservano formazione di stress fibers, notevole variazione della morfologia cellulare e riduzione nel movimento; mentre nelle AFSC neuronali tali cambiamenti sono assenti. Dai dati ottenuti, il composto 1G sembrerebbe vada a modificare significamente la struttura citoscheletrica, specie la componente actinica, sulla linea cellulare U87MG, mentre sulle cellule AFSC neuronali non sembrerebbe avere un effetto così rilevante anche a tempistiche più lunghe (24 ore). Ciò può portare a ipotizzare che il derivato possa avere un effetto selettivo sulle cellule del tumore. In relazione a queste proprietà, unite alla sua capacità di oltrepassare la barriera ematoencefalica, il composto 1G potrebbe rivelarsi un promettente candidato farmaco per il trattamento di neoplasie cerebrali come il glioblastoma.
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