Riassunto analitico
Da molti anni si discute in Italia di riforme del mercato del lavoro; quelle proposte e realizzate si sono concentrate soprattutto sugli aspetti che riguardano la flessibilità: la disciplina della mobilità in entrata e in uscita, i costi e i tempi dei licenziamenti e delle assunzioni, il dibattito sull’art.18, le forme contrattuali più idonee ad assicurare, prima questa flessibilità (Riforma Treu 1997, Legge Biagi 2003), poi a mitigarne le conseguenze, ossia la precarietà e il dualismo tra lavoratori protetti e non protetti. Le riforme più recenti, come ad esempio la legge Fornero del 2012, hanno esteso la tutela del reddito; mentre, le proposte attuali al centro del dibattito politico, “il Jobs Act di Renzi”, riguardano ancora una volta le forme contrattuali più idonee a coniugare flessibilità e tutela dei lavoratori. L’evoluzione storica del diritto del lavoro riflette la storia sociale e politica del nostro Paese: l’industrializzazione, a seguito della rivoluzione industriale di fine ottocento; l’avvento del fascismo, con l’emanazione del codice civile del 1942; la caduta del fascismo e l’approvazione, nel 1948, della Costituzione Repubblicana; la flessibilità delle condizioni di lavoro e dell’occupazione nel corso degli anni ottanta, e infine, le crescenti difficoltà occupazionali della seconda metà degli anni novanta. I principali contratti di lavoro, caratterizzati da una qualsiasi forma di flessibilità, che compongono lo scenario del nostro mercato del lavoro, sono il contratto a tempo determinato, il contratto di apprendistato, il contratto part time, la codatorialità, strumento di recente istituzione collegato ai contratti di rete, e ancora, quelle forme di lavoro collegate alla flessibilità di esternalizzazione, come il lavoro interinale, il contratto di somministrazione di lavoro, il distacco, il contratto di appalto, il contratto d’opera e di subfornitura. L’analisi comparata tra le politiche attive del lavoro dell’Emilia Romagna e della Sardegna, con l’esposizione di alcuni indicatori economici e occupazionali, hanno lo scopo di illustrare le rispettive politiche del lavoro, orientate a favorire i contratti di lavoro flessibili, in particolare quelli riguardanti i giovani. In una società che appare sempre più in trasformazione, la flessibilità rende tutto - non solo il lavoro, ma anche il diritto - più adattabile e modificabile. Questo modo di lavorare, tuttavia, può sconfinare in situazioni di precarietà che, se prolungate nel tempo, possono portare all’esclusione sociale dei lavoratori più deboli. Il lavoro flessibile quando diventa precario in modo permanente alimenta nella persona che lavora un profondo senso d’insicurezza non solo professionale, ma anche esistenziale e familiare.
|