Riassunto analitico
La presente ricerca ha lo scopo di fornire risultati empirici sulla partecipazione al mercato del lavoro delle donne, partendo dai modelli di partecipazione femminile che spiegano il fenomeno della segregazione occupazionale. In particolare, si incentra sull’analisi della flessibilità femminile nella provincia di Pisa e sulla correlazione tra flessibilità e alcune caratteristiche individuali (come, ad esempio, l’età, la cittadinanza, il livello di istruzione), valutando anche la probabilità che le lavoratrici atipiche hanno di trovarsi in alcuni particolari settori. Le stime prodotte dal modello di regressione logistica fanno uso di dati di fonte amministrativa. I risultati potrebbero essere spiegata sia dal lato dell’offerta di lavoro (processi di auto-selezione presenti a partire sin dal livello di istruzione) che dal lato della domanda di lavoro (segregazione occupazionale orizzontale e verticale, segregazione per settori e per professioni). Le implicazioni conseguenti sono svariate: precarizzazione, riduzione del capitale umano, ecc. Con l’acuirsi della crisi economica e della riduzione del prodotto interno, a fronte di una diminuzione dell’occupazione standard, a partire dal 2008 si è verificato un aumento del lavoro atipico. Ciò ha avuto importanti conseguenze su alcune fasce più deboli della popolazione, maggiormente implicate nel fenomeno. In particolare, sono state le donne ed i giovani ad essere colpiti dagli effetti di una maggiore flessibilità. I divari di genere sono differenziali presenti tra uomini e donne nel mercato del lavoro (come ad esempio il tasso di partecipazione, i tipi di professioni/contratti e il livello del salario). E’ stato necessario ricostruire il dibattito economico sulle questioni, presentando i risultati empirici di alcuni studi (Capitolo 1). Secondo la letteratura, i divari di genere possono essere causati da fattori diversi che possono agire sia dal lato dell’offerta di lavoro (modelli di divisione della famiglia, teoria del capitale umano, ecc.), che della domanda di lavoro (segregazione occupazionale orizzontale e verticale, discriminazione statistica). Il permanere di condizioni di segregazione occupazionale possono essere ricollegate anche al forte grado di segmentazione che caratterizza il mercato del lavoro italiano, ovvero alle barriere poste all’ingresso del mercato del lavoro e alla mobilità occupazionale. Possono essere presenti vincoli di natura istituzionale che hanno effetti sulla disoccupazione, limitando l’entrata delle donne nel mercato del lavoro e confinandole nei ruoli di outsiders (regimi di protezione dell’impiego, sindacati, ecc.). Con riferimento alla flessibilità, il dibattito sulla questione dei regimi di protezione dell’impiego e del potere degli insiders ha prodotto diverse analisi empiriche. I risultati indicano che i regimi di protezione dell’impiego producono effetti sulle dinamiche e la composizione della disoccupazione piuttosto che sul suo tasso, aumentando l’intermittenza (job spells) e i fenomeni di marginalizzazione. A livello macroeconomico generano dualismo, con i relativi problemi di equità e di efficienza. Altre spiegazioni vengono fatte risalire ai modelli ‘con costi di aggiustamento’ e con imperfezioni di mercato. Dopo avere descritto i principali indicatori che illustrano le peculiarità del mercato del lavoro flessibile sia a livello europeo che a livello regionale e provinciale (Capitolo 2), viene analizzata la probabilità che le lavoratrici atipiche hanno, in base ad alcune caratteristiche individuali, di trovarsi in uno degli stati occupazionali inerenti a contratti di lavoro non standard (Capitolo 3). I risultati mostrano che alcune variabili strutturali (età, cittadinanza, titolo di studio) influenzano la stabilità occupazionale. Inoltre, le donne hanno maggiore probabilità di lavorare in determinati settori anziché altri, avvalorando l’ipotesi di segregazione occupazionale orizzontale.
|
Abstract
Labour Market Flexibility and Women’s Employment in Pisa
The present research aims at providing evidence on women participation in the labour market extending the range of issues considered in other studies of female participation with respect to occupational segregation. The logistic regression estimates compare female temporary workers and female permanent workers in Pisa since 2008 using a dataset of “administrative data” provided by the Public Labour Services. The model includes a range of “structural variables”, such as citizenship, educational level, age and other variables, such as the work sector. The results may be accounted for both on the female labour supply side and on the female demand supply side. Furthermore they provide support to labour market policies to contrast phenomena such as precariousness, loss of human capital, etc. The growth of precarious employment during the economic crisis has had major consequences on women and young workers, thus enhancing gender differences. Gender gaps are systematic differences in the outcomes that men and women achieve in the labour market (such as the percentages of men and women in the labour force, the types of occupations they choose, their relative wages, et.). This work first summarizes the main theoretical contribution to the question, then reviews the more important results achieved in recent empirical literature (Chapter 1). According to the literature, many factors can be accounted for gender gaps in earnings, careers and occupations. Economic gender gaps may be the consequence of individual behaviour both on the labour supply side due to education, job experience, hours of work, time spent in child care and in the home and so on (theories on human capital, gender socialization and family) and on the labour demand side (statistical discrimination, vertical and horizontal occupational segregation). Theoretical models explain differences within occupations between men and women, different rate of participation, the reason why youger and more educated women have few opportunities in their careers in relation to comparable groups of men. Economic gender gaps may also originate at institutional level. The diffusion of various types of rigidities (job protection measures, the presence of union in work bargaining in some countries as of the early 1980s, etc.) has contributed to the growth of various types of gender gaps and the persistently high level of unemployment. A heated debate has grown around the question of whether inside power and the ensuing severity of protection clauses run counter to the flexibility required to guarantee labour market efficiency. This issues has given rise to a growing corpus of empirical research. The empirical studies examined point to the greater impact of job protection measures on the dynamics and composition of unemployment rather than on its rate. The effect of these measures would seem that of prolonging the expected duration of unemployment spells and marginalization phenomena. The macroeconomic outcome is the emerging of dual economies with their inherent problems of equity and undermining inefficiencies. Other theoretical explanations apply such as the ‘adjustment costs models’ and the market imperfection theory (second best).
Chapter 2 offers a descriptive analysis of the temporary work both at international and national level, focusing on the regional and provincial dynamics which have occurred during the economic crisis. Finally, a model to study correlation between female temporary work and some individual characteristics is presented (Chapter 3). The logistic regression findings show that some structural variables (citizenship, age and educational level) affect the type of employment stability. Moreover female temporary workers have more probability of working in some work sectors rather than some other ones, providing support to the horizontal occupational hypothesis.
|