Riassunto analitico
Questo lavoro, suddiviso in cinque capitoli, ha lo scopo di focalizzare l’attenzione sull’importanza della pratica dalla quale parte un apprendimento per scoperta che si avvale dell’esperienza accumulata tramite la sperimentazione. Siamo, quindi, partiti da Dewey e dalla sua “scuola laboratorio” (1896-1903), annessa all’Università di Chicago, per vedere come trasporre in maniera attuale le sue sperimentazioni pratico-teoriche sulla cosiddetta “scuola attiva. L’esperienza è un concetto chiave e diviene condivisa soprattutto grazie all’arte e al suo linguaggio universale, come Dewey sostiene (1934). Anche Munari si avvale della progettazione, dell’arte e della pedagogia all’interno dei suoi laboratori didattici per bambini, a partire dal 1977. Infatti per Munari tutto è progetto e la sperimentazione, come per Dewey, serve a produrre conoscenze. Gli artisti devono essere immersi nella società e occuparsi dei problemi del loro tempo. A tal proposito crediamo che un esempio esplicativo attuale sia l’artista Michelangelo Pistoletto, in particolare grazie alla sua ideazione del simbolo del Terzo Paradiso che pone in connessione armoniosamente la natura e l’artificio e coinvolge le persone nel cambiamento responsabile della società. Il contributo che penso di avere dato alla ricerca parte dal parallelismo tra i concetti del Terzo Paradiso e la pratica educativa reggiana, che già li agisce quotidianamente nelle spontanee modalità di apprendimenti dei bambini che si avvalgono sia della natura che dell’artificio, per esempio, con l’utilizzo delle nuove tecnologie. Inoltre, osservando la progettazione in tutti gli autori e contesti trattati, mi sono posta la domanda su come la figura del/la pedagogista può promuovere ed incentivare la progettazione artistica nelle scuole e nei vari servizi sociali ed educativi. La risposta che mi sono data è che il suo contributo può avvalersi di una progettazione flessibile, che si deve adattare ai contesti, nella quale sono importanti l’osservazione, l’analisi dei contesti e dei problemi e l’importanza di farsi e fare le giuste domande, generatrici di curiosità, riflessioni e apprendimenti. La documentazione, presa come esempio dal Reggio Approach, può essere un’ottima valutazione formativa per portare avanti collettivamente le ricerche in corso. Occorre pensare in maniera trasversale e interdisciplinare, fuori e dentro la scuola, e non confinarsi in settori ben definiti, specifici ed invalicabili. Serve una collaborazione umana e disciplinare. I laboratori, così come l’importanza dell’arte nel senso ampio del termine, non dovrebbero costituire episodi separati e sporadici ma continuativi all’interno delle scuole e nelle altre istituzioni sociali ed educative. Essi si devono avvalere dell’importanza del processo, più che del prodotto, come già Munari ci insegnava quando scriveva di distruggere quanto realizzato con i bambini per non “mitizzare” (2013 [1977], p. 143). L’arte, attraverso il coinvolgimento di tutti i sensi, l’acutizzazione della sensibilità e l’avvicinamento tra le persone può diventare il vero agente del cambiamento attraverso il quale trasformare la società. La progettazione, che pone al centro l’arte, andrebbe affrontata sin dalla prima infanzia come “allenamento mentale” e pedagogico che stimola il pensiero critico, al di fuori di insegnamenti mnemonici e pre-costituiti. Dovebbe essere un diritto di ogni bambina e bambino, così come di ogni adulto. Per tali motivazioni l’intreccio tra la pedagogia, l’arte e la progettazione fanno parte di una ricerca a spirale che non ha mai fine e che ad ogni curva si carica di sempre nuovi apprendimenti e scoperte, conducendoci spontaneamente alla voglia di proseguire ad apprendere all’infinito.
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