Riassunto analitico
Il PCa è il secondo tumore più frequente nel sesso maschile e la quinta causa di morte dopo la neoplasia al polmone. Dal punto di vista evolutivo sono conosciute diverse forme di PCa: alcune rimangono confinate e latenti all’interno della ghiandola anche per molto tempo (definite organo confinate, PCa-OC), altre, dette localmente avanzate (LA), si espandono nel contesto della ghiandola, ne superano la capsula e infiltrano le vescichette seminali, il collo vescicale, l’uretra prostatica, il retto (PCa-LA). Vi sono inoltre forme ancora più aggressive, le metastatiche (M) o avanzate propriamente dette, che attraverso l’infiltrazione linfo-vascolare (ILV) diffondono molto rapidamente in altre parti del corpo (soprattutto linfonodi e scheletro) originando tumori secondari (metastasi) (PCa-M). La diagnosi certa e definitiva di PCa si ottiene solo attraverso agobiopsia prostatica e relativo esame istologico a cui si ricorre qualora siano persistenti valori elevati di PSA e/o si siano rilevate alterazioni durante l’esplorazione digito-rettale. Attraverso l’esame istologico è possibile definire il Grado di Gleason (G) ovvero ottenere informazioni importanti relative al grado di differenziazione del tumore e alla diversa aggressività della neoplasia: valori di G < di 7 sono indici di una neoplasia con aggressività medio/bassa, e progressione generalmente lenta; valori ≥ a 7, invece, sono correlati a forme di PCa più aggressivi tendenti a diffondersi rapidamente. Il solo valore di G tuttavia, al momento della diagnosi, non permette di stabilire con certezza la progressione della neoplasia e se il PCa diagnosticato sarà di tipo OC, LA o nelle peggiori delle ipotesi M. Con il presente studio si sono analizzati e studiati, mediante elettroforesi bidimensionale associata alla spettrometria di massa, i proteomi urinari di 43 soggetti con diagnosi di PCa e sottoposti a prostatectomia radicale. I pazienti sono stati suddivisi in gruppi in funzione del grado G (G < 7 e G ≥ 7) e allo stadio (PCa-OC, PCa-LA), e i loro rispettivi proteomi sono stati confrontati al fine di individuare possibili biomarcatori prognostici in grado di predire l’evoluzione della neoplasia; tali biomarcatori potrebbero essere d’aiuto nella scelta tempestiva della terapia più appropriata.
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