Riassunto analitico
Il presente lavoro si incentra sulle conseguenze economiche, e non solo sanzionatorie, connesse al licenziamento per ragioni oggettive nell’ordinamento italiano. L’analisi è volta ad offrire una rilettura delle novità introdotte a tale riguardo dalla Riforma Fornero alla luce delle analoghe soluzioni adottate nell’esperienza giuridica comparata, ed in particolare nell’ordinamento inglese ed in quello spagnolo, al fine di comprendere le potenzialità ed i limiti legati ad una diversa ripartizione dei costi del licenziamento. L’indagine prende le mosse dalla ricostruzione della nozione di giustificato motivo oggettivo nell’ordinamento italiano al fine di identificare le ipotesi che in concreto rientrano nella definizione di cui all’art. 3 della legge 604/1966. Si procederà, inoltre, ad approfondire i profili di criticità connessi ai limiti, non sempre definiti, posti al sindacato giudiziale sulle ragioni lato sensu economiche del recesso datoriale. Ciò allo scopo di mettere in luce le ricadute e le distorsioni che tale controllo ha avuto sulle conseguenze del licenziamento. Si giungerà così a delineare l’attuale sistema rimediale apprestato contro il licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo, come ampiamente rivisitato a seguito della Riforma Fornero. Di seguito, il presente lavoro si concentra sulla procedura di conciliazione preventiva introdotta dalla Riforma Fornero per il caso di cessazione del rapporto per ragioni oggettive (art. 7, l. n. 604/1966). Attraverso tale procedura le parti sono esortate alla ricerca di un equilibrio economico rispondente al bilanciamento dei propri contrapposti interessi, senza il filtro dell’autorità giudiziaria, anche in ragione della labilità dei confini del controllo del giudice sulle scelte datoriali. La nuova procedura - diretta principalmente a deflazionare il contenzioso -, letta in combinato disposto con l’estensione dell’area della tutela indennitaria sotto il profilo rimediale, modifica significativamente la ripartizione dei costi conseguenti al licenziamento economico (legittimo ed illegittimo). Si prevede, infatti, la possibilità per le parti di concordare le conseguenze economiche del licenziamento e così risolvere consensualmente il rapporto. In alternativa, resta ferma la possibilità per il lavoratore di deferire la questione all’autorità giudiziaria, la cui decisione vincolerà le parti, obbligandole a sopportarne le eventuali (maggiori) sanzioni. Nell’esperienza giuridica comparata, si ritrovano soluzioni in parte analoghe a quella di recente introdotta in Italia. Invero, nell’ordinamento inglese come in quello spagnolo, seppure con scopi e modalità del tutto diverse, è la legge a stabilire un costo “fisso” per licenziamento non fondato su ragioni disciplinari. In tali ipotesi, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore– per così dire di default – una somma di denaro parametrata sulla durata del rapporto e sulla retribuzione del lavoratore, senza che ciò implichi espressa rinuncia ad impugnare il provvedimento. Evidenziate analogie e differenze tra i sistemi giuridici considerati, alla luce dell’analisi comparata, si suggerisce l’idea che debba prevedersi un costo per il licenziamento per ragioni oggettive, ed in particolare economiche, a prescindere dall’accertamento giudiziale di illegittimità dello stesso. L’indennità concordata dalle parti, eventualmente in sede conciliativa, avrebbe così lo scopo di compensare il lavoratore per la perdita del posto di lavoro ed, altresì, consentirebbe, sul fronte datoriale, di evitare, con maggiori probabilità, i costi e le incertezze del giudizio.
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Abstract
This dissertation focuses on the economic consequences - not only sanctions - related to dismissal for objective reasons in the Italian legal system.
This analysis aims to give a different perspective of the provision laid down by the Fornero Reform in this field, in the light of the comparative experience of other Countries, with particular reference to the United Kingdom and Spain. This is to be done in order to understand potentialities and limits arising from a different distribution of costs of dismissal.
This research starts from a reconstruction of the notion of “dismissal for objective reason” in order to identify which situations fall within the definition of the Art. 3, L. 604/1966. Moreover, the critical issue of the limits - not always clear – imposed to the judicial review on economic reasons of dismissal are deepened. This is to be done in order to highlight the impact and the distortions caused by the judicial review on the economic consequences of dismissal for objective reasons. So, the analysis of the remedies against unfair dismissal for objective reasons shall be carried out, particularly taking into account the changes provided by the recent Reform.
In addition, this work focuses on the conciliation procedure introduced by the Fornero Reform in case of termination of the employment relationship for objective reasons (Art. 7, L. 604/1966). Through this procedure, the parties are pushed to find an economic agreement that reflects the balance of their conflicting expectations, without the intervention of the Court. This seems to be preferable also because of the lability of the boundaries of Court’s control on managerial decisions. Reading together this new procedure – which primarily aimed to deflate litigations – with the extension of the scope of indemnity protection, the distribution of costs in case of dismissal for objective reasons (fair or unfair) has significantly changed. In fact, the parties can now agree on the economic consequences of the dismissal and thus terminate the contract by mutual consent. Alternatively, the worker still has the possibility of bringing the matter to the Court. In this case, both worker and employer will be bounded by the Court’s decision, which can provide even a higher sanction.
In the comparative legal experience, solutions partially similar to the one recently adopted in Italy can be found. In both, English and Spanish legal system, albeit with different aims and methods, the law provides a “fixed” cost for dismissal not based on disciplinary reasons. In such cases, the employer is obliged to pay the worker a compensation parameterised on the duration of the employment relationship and worker’s salary. The acceptance of this compensation do not imply the waiver to challenge the dismissal.
After having highlighted the similarities and differences between the three legal systems considered above, in the light of the comparative analysis, the idea suggested is providing a cost for dismissal for objective reasons, with particular reference to economic dismissal, regardless the judgement of unfairness. The compensation agreed by the parties, eventually in the conciliation, would thus aim to compensate the employee for the loss of his jobs and – considering the employer’s interest - also avoid, most likely, the costs and uncertainties of judgment in Court.
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