Riassunto analitico
La continua ricerca di efficienza dell’offerta dei servizi sanitari ha creato, soprattutto nelle cure intensive, una scarsità della disponibilità, oggi più che mai evidenziata dalla attuale pandemia mondiale. Anche l’uso inappropriato delle stesse cure è dibattuto perché determina l’utilizzo non sempre idoneo dei posti letto, precludendo in alcuni casi la disponibilità ai pazienti che ne hanno vera necessità. Per cercare di ridurre i costi e per migliorare l’accesso sono stati creati servizi di media intensità per accogliere pazienti che non necessitano di una terapia intensiva ma che non sono ancora idonei per essere trasferiti in una degenza generale. Queste cure di media intensità possono ospitare pazienti dimessi dalla terapia intensiva o pazienti che nei reparti di degenza richiedono un livello di monitoraggio e un’assistenza più assidua e sono caratterizzate da staff più numeroso rispetto al reparto. Le esperienze nel mondo sono le più diverse, con differenti modelli di applicazione; in Italia ci sono poche esperienze di questo tipo ma sono riconducibili sotto il termine di terapie sub-intensive o semi-intensive. Poiché argomento è molto dibattuto ho deciso di affrontare una ricerca sistematizzata per poter valutare, attraverso tutte le evidenze scientifiche disponibili, l’efficacia delle cure intermedie per gli esiti clinici ed organizzativi, scegliendo lo strumento migliore: la revisione sistematica. Dopo la stesura di un protocollo di studio ho condotto la ricerca bibliografica attraverso le fonti di informazione scientifica con una successiva analisi che ha determinato la strutturazione tabelle per raggruppare tipologie di studi similari. Dei 1012 abstract identificati dalle banche dati sono stati selezionati 166 studi eligibili di cui è stato analizzato il full-text. Quarantasei studi sono stati inclusi nell'analisi. Ho cercato di descrivere le diverse tipologie di cure intermedie presenti nel panorama mondiale e condotto un’analisi delle caratteristiche cliniche e della tipologia degli studi considerati. Infine l’analisi degli studi comparativi con i relativi esiti, sia clinici che organizzativi. I risultati hanno dimostrato che l’apertura di una unità di cure intermedie in un servizio di terapia intensiva può determinare un uso più efficiente di quest’ultimo che può essere utilizzato in modo più appropriato accogliendo pazienti più gravi; questo viene indicato dal fatto che la durata del ricovero e il carico di lavoro infermieristico aumentano, nelle terapie intensive; anche se la sicurezza è mantenuta agli stessi livelli nei due contesti. La mortalità che aumenta dopo l’apertura può essere associata ad un aumento di acuità dei pazienti curati nelle terapie intensive. Confrontando le cure intermedie con i reparti di degenza, per l’esito durata delle cure e costi ho riscontrato risultati contrastanti: non è quindi possibile associare la durata del ricovero delle cure intermedie ad un costo maggiore rispetto al reparto. Non è differente la mortalità tra uno e l’altro contesto. Prendendo in esame gli studi che confrontano il ricovero in terapia intensiva rispetto a quello in una unità di cure intermedie si rileva che la durata del ricovero in terapia intensiva è maggiore con costi senza dubbio più alti; per quanto riguarda l’esito mortalità ci sono studi con risultati contrastanti. Concludendo i risultati non suggeriscono una completa efficacia ed efficienza delle cure intermedie rispetto agli altri setting. Non ostante ciò si può asserire che le cure intermedie possono migliorare l’utilizzo e la disponibilità delle terapie intensive, alleggerendo queste ultime e permettendone un utilizzo più appropriato anche in considerazione della nuova situazione pandemica.
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