Riassunto analitico
In questo elaborato si osserverà il disegno infantile con una visione aperta e relativista che lasci spazio a interpretazioni derivanti da diversi campi di studio e che confluiscano nell’idea secondo cui ogni disegno è sempre guidato da un intenzione comunicativa, a cui sottende un insieme di pensieri mai slegati dal contesto sociale a cui appartiene l’autore. I contributi citati, che spaziano da teorie psicologiche ed estetiche a quelle antropologiche e socio-culturali, hanno sì contribuito al rinnovamento delle teorie, ma allo stesso tempo, hanno trascurato l’importanza del disegno come vero e proprio strumento comunicativo. La comunicazione intesa, è quella volta all’interconnessione tra più individui che hanno l’intenzione di relazionarsi tra loro attraverso un codice linguistico diverso da quello verbale o scritto e che risiede appunto nelle immagini. Dopo aver fornito un quadro teorico di riferimento, si tenterà di superare quell’eccesivo estetismo teorizzato da numerosi autori, liberandolo dall’idea di opera d’arte. Il dibattito sullo statuto di artisticità o meno del disegno infantile, si complica causa di un altro fenomeno culturale che ha influenzato sia il mondo dell’arte che quello degli artefatti infantili e da cui è stato ricavato uno stretto parallelismo tra disegni infantili e artefatti provenienti dai popoli “selvaggi”: il primitivismo. Grazie ai contributi forniti dall’antropologia culturale, il primitivismo e il cosiddetto “mito dell’infanzia” che esalta a spirito di purezza incontaminata ogni espressione materiale prodotta dal bambino, vengono superati. Il disegno infantile ritrova la sua dimensione nella funzione espressivo-comunicativa inserito sempre in un contesto socio-relazionale. Esso, in questa sede, riacquista la propria identità sociale: un’azione personale che produce un gesto visibile in cui ci si riconosce e in cui gli altri intorno a noi ci possono riconoscere.
|