Riassunto analitico
L’attività dei cosiddetti “paradisi fiscali” è ripetutamente oggetto di cronaca a causa degli scandali che coinvolgono personalità e aziende famose. Su questa materia è intervenuta spesso l’OCSE, che, nell’ambito della strategia messa a punto, dapprima nei confronti della concorrenza fiscale dannosa e poi con il piano d’azione nei confronti del Beps (Base Erosion and Profit Shifting), ha proposto un insieme di strumenti di contrasto del fenomeno. Fra questi, in particolare, un modello unico per redigere accordi (TIEA) tra Paesi in modo da aumentare la trasparenza fiscale. Seppur dalla loro presentazione ne siano stati firmati a centinaia, i TIEA non sembrano raggiungere i risultati sperati. Al fine di riuscire a migliorare la loro efficacia o cercare strumenti alternativi, risulta quindi fondamentale capire su quali convenienze un paradiso fiscale basa la propria attività e se sono stati compiuti errori strategici nell’approccio al problema. L’evidenza empirica ci indica infatti l’esistenza di un fenomeno di round tripping, che di fatto annulla l’efficacia dei TIEA: circa la metà degli accordi che interessano i paradisi fiscali è stata infatti con Paesi non economicamente rilevanti. La letteratura economica analizzata in questo lavoro si concentra in modo particolare sul tema dello scambio di informazioni come strumento per contrastare il fenomeno dei paradisi fiscale e permettere l’applicazione del principio di residenza. Vengono presi in considerazione modelli che, da un lato, considerano le circostanze che potrebbero rendere conveniente il ricorso a questo strumento da parte dei singoli paesi, dall’altro le convenienze dei singoli investitori, che vogliono sottrarsi alla tassazione, a dirottare il proprio investimento in paradisi fiscali, con determinate caratteristiche. Al contrario della scelta che farebbe un investitore non motivato dalla volontà di aggirare il fisco, la preferenza ricade sulla lontananza geografica, mentre e la lingua e un sistema legale differenti non sembrano scoraggiare gli investitori. Le conclusioni a cui la teoria economica arriva non sono molto incoraggianti: il ricorso allo scambio di informazioni risulta infatti conveniente solo in casi molto specifici, e, se lasciato alla volontà dei singoli Paesi, risulterebbe ampiamente inefficace nel contrastare il fenomeno dei paradisi fiscali.
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