Riassunto analitico
Lo studio che ha portato all’elaborazione di tale prodotto di ricerca si è fondato sull’analisi degli aspetti normativi e procedurali connessi alla disciplina del contratto di appalto ed alla sua certificazione. L’art. 75 del D.Lgs. n. 276/2003, anche alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 183/2010 (Cd. Collegato Lavoro) disciplina l’ipotesi della possibilità di instaurare la procedura di certificazione dei contratti di lavoro, con la finalità di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti instaurati. Tale procedura, attivata volontariamente dalle parti, si conclude, in caso di esito positivo, con il rilascio del provvedimento di certificazione ad opera di una delle commissioni indicate nell’art. 76 del citato Decreto. Il Legislatore ha voluto per tale via attribuire un’enorme forza legale al contratto, limitando il ricorso al giudizio se non nel caso di erronea qualificazione del contratto, difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione o vizi del consenso, mantenendo la sua efficacia giuridica fino all’accoglimento di uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili. Il comma 4 dell’art. 30 del Collegato Lavoro ha modificato il contenuto del citato art. 75, al fine di ampliare il raggio di azione delle Commissioni di certificazione non solo con riferimento alle procedure di qualificazione dei contratti, ma anche al contenzioso in materia di lavoro in generale. Attualmente, quindi, la procedura di certificazione può applicarsi alle rinunzie ed alle transazioni del lavoratore (art. 82); al deposito del regolamento interno delle cooperative (art. 83); alla stipulazione del contratto di appalto ed alla distinzione con la somministrazione di lavoro (art. 84), al fine di ottenere il riconoscimento della liceità del contratto stipulato ben distinguibile dalla somministrazione di lavoro. In virtù del nuovo art. 75 la procedura di certificazione può essere richiesta per tutti i contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro. Con particolare riferimento alla disciplina del contratto di appalto si è proceduto ad approfondire la normativa contenuta nell’art. 1655 del codice civile, evidenziando gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali prevalenti da cui hanno tratto origine gli indici rivelatori della genuinità del contratto medesimo. Anche grazie all’esperienza concreta maturata in seno alla Commissione di Certificazione della Fondazione Marco Biagi di Modena, si è potuto procedere alla disamina fattuale dei predetti indici. In particolare, lo studio si è concentrato sulla verifica della qualifica di imprenditore del soggetto appaltatore, dal punto di vista tecnico, economico ed organizzativo; sulla ricorrenza del potere direttivo nei confronti dei soggetti chiamati alla materiale esecuzione dell’opera dedotta in contratto, verificandone la non titolarità in capo al committente onde scongiurare l’illiceità del contratto di appalto; sulla titolarità dei mezzi di produzione; sul rischio d’impresa; sulla quantificazione del corrispettivo per l’attività svolta, vagliando attentamente che lo stesso non fosse parametrato esclusivamente sul costo della manodopera utilizzata. Dalle attività di audizione delle parti, dalla predisposizione delle schede istruttorie e dei provvedimenti di certificazione si è potuto evincere un quadro ricco di spunti interpretativi di norme sostanziali e procedurali, derivanti dalle diverse ipotesi di criticità riscontrate concretamente ed alle quali si è cercato di porre rimedio con soluzioni prospettate all’interno del presente lavoro di ricerca, confluite nel tentativo di creare un modello unitario di contratto di appalto, in grado di fornire uno strumento standard nella definizione dei contratti genuini.
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