Riassunto analitico
La prigionia degli italiani durante la Seconda Guerra Mondiale è un argomento peculiare, tanto quanto lo è la posizione dello Stato italiano nel conflitto. Avere cambiato alleanza nel 1943 porta l’Italia nella particolare situazione di avere prigionieri da entrambe le parti. Prigionia significa “passare attraverso un rituale comune che si sviluppa in tappe che i protagonisti vivono, e che hanno portata simbolica” , la trasformazione da soldato combattente a prigioniero è “un passaggio di status che segna la riduzione delle possibilità, delle facoltà e dei diritti” e dunque è la sostituzione dell’obbedienza militare con l’obbedienza del detenuto. Il profilo del prigioniero è quello di un individuo “mutilato nei suoi rapporti fondamentali e nella sua capacità di rapporto, costretto con persone che non ha scelto, e votato alla perenne attesa di un ritorno”; è l’immagine di “un’identità pericolante” in quanto manca dei diritti elementari della sfera civile. La scrittura è una delle attività fondamentali sia in detenzione che da reduci. Essa porta alla stesura della propria storia e della propria esperienza sia della guerra che della prigionia, e dunque inevitabilmente alla questione della memoria, tema centrale della tesi, in quando l’idea dell’argomento è partita principalmente dalla volontà di rendere omaggio alla memoria di mio nonno: Tirreno Guerrino POW 88894, soldato italiano dell’85° Reggimento Fanteria Verona, che il 7 febbraio 1941 è stato catturato dagli Alleati in Africa Settentrionale tra Bengasi e Agedabia. Da qui ha inizio la sua storia di prigionia che lo porta prima al famoso campo di Zonderwater in Sud Africa e poi, dopo l’8 settembre 1943 come Pow cooperatore, nel Regno Unito a lavorare. Torna in Italia il 10 marzo 1946 sbarcando a Napoli e arriva a casa a Castellucchio (Mantova), il 14 marzo 1946. Il nonno non ha mai parlato molto della sua esperienza di guerra e prigionia, ma quando nel 1987 gli viene diagnosticato un tumore decide di scrivere un diario dal titolo “I racconti del Nonno”, per poter trasmettere al suo allora unico nipote, la sua storia. Io non ho conosciuto il nonno, ma la sua storia mi è arrivata tramite il suo diario, che è stato conservato da mio padre insieme a tutti i suoi oggetti di prigionia. Ho dunque voluto rendergli omaggio, ma anche sviluppare una ricerca sulla memorialistica. La memoria è fondamentale per completare i fatti storici desunti da fonti ufficiali, e soprattutto per capire i sentimenti contrastanti e differenti tra loro che provavano le persone. Di questa soggettività spesso le fonti ufficiali non tengono conto, perché sono intente a descrivere oggettivamente i fatti storici e generalizzare la storia del popolo o, in questo caso, dei prigionieri. Le storie di prigionia invece sono un modo per avvicinarsi alla vita vera vissuta dai soldati semplici e ci fanno comprendere quanto individuali possano essere le esperienze vissute.
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