Riassunto analitico
La pandemia da Covid19 è stata, ed è tutt’ora, un evento che ha provocato non solo il radicale mutamento delle attività quotidiane e dei normali ritmi di vita ma anche un aumento improvviso dei decessi, in modo spesso rapido ed imprevisto. Tutti noi, anche se non in modo diretto, abbiamo vissuto l’esperienza del rapporto quasi quotidiano con la morte e della perdita di amici o conoscenti. La morte è stata, e lo è tutt’ora, più presente di quanto non sia di solito nella vita quotidiana, associata ad altre perdite: del lavoro, della routine quotidiana, di piani per il futuro, di sicurezza, del contatto umano e di stare insieme ai propri cari. (P. Bansal 2020) Nella prima ondata si è affrontata l’emergenza con la speranza che se ne potesse uscire nel giro di qualche settimana o mese, mentre nella seconda ondata ci si ritrova con la “cronicizzazione del trauma”. Non vi è più la possibilità di prevedere e di progettare, due caratteristiche che alimentano la speranza negli esseri umani e ci si ritrova, quindi, in un “tempo sospeso”, in cui le persone si sentono in un limbo senza fine”. (A. Camilli, 2020) La quarantena è un'esperienza spiacevole perché comporta a separazione dai propri cari e la perdita di libertà, il tutto acuito dalla paura della malattia. Sebbene non si preveda che la maggior parte delle persone sia soggetta a disturbi mentali durante la pandemia, una percentuale significativa della popolazione sperimenterà intense reazioni di adattamento emotivo (Li et al., 2020). L'impatto del confinamento prolungato, oltre alla morte di parenti e all'aumento delle difficoltà sociali, può portare a effetti psicologici avversi, aumentando il rischio di disturbi emotivi, depressione, basso umore, irritabilità, insonnia e sintomi di stress post-traumatico ( V. Clemente Suarez &2020) Le misure senza precedenti adottate per proteggere la salute delle comunità, ridurre il rischio di infezione e promuovere cure più sicure durante questa pandemia incorporano cambiamenti non solo nelle circostanze e nel contesto dei decessi, ma anche nelle routine della vita quotidiana in corso, che naturalmente colpiscono anche le persone in lutto (Stroebe, Schutz 2020). Le norme di sicurezza imposte dalla pandemia, la chiusura degli ospedali alle visite dei familiari, il distanziamento fisico e il divieto di assembramento, hanno impedito a familiari ed amici di accompagnare il morente negli ultimi istanti di vita e nei riti funebri che segnano il definitivo distacco. La sofferenza per la morte di una persona cara si esprime attraverso stati emozionali e si concretizza nelle manifestazioni esterne dei riti funebri: la mancanza della condivisione del lutto e l’assenza dei riti possono portare a difficoltà nella successiva elaborazione del lutto. In questa situazione di generale insicurezza gli operatori sanitari sono stati sottoposti non solo a ritmi di lavoro incalzanti ma hanno dovuto confrontarsi con la difficoltà, visto l’alto numero di pazienti in condizioni critiche, di assistere in modo adeguato i pazienti e, nel caso dei pazienti in fase terminale, di accompagnarli in modo dignitoso all’exitus. Il numero inusitato di morti e la paura sempre presente di essere loro stessi fonte di infezione a causa della mancanza di dispositivi protettivi o protocolli di cura, incide sul benessere emotivo e psicologico degli operatori sanitari. Uno degli obiettivi del progetto di ricerca integrato nell’elaborato è quello di esplorare, attraverso la narrazione, i vissuti degli operatori sanitari e quindi anche di far emergere le difficoltà che hanno dovuto affrontare in quei momenti e quanto questa esperienza abbia inciso sulla loro storia personale.
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