Riassunto analitico
Questo lavoro affronta il problema specifico della coscienza fenomenica, ovvero di quel senso di sé, caratterizzato nei termini di come esso appare al soggetto. In particolare, vi si tenta di comprendere in che modo alcuni organismi possano esser definiti "soggetti" di esperienza, se il consueto concetto di coscienza sia o meno un concetto coerente e la maniera in cui la nostra idea di coscienza sia associata al linguaggio. Questo tipo di problematiche costituisce una implicazione dell'annoso dibattito sulla relazione mente-corpo che, a sua volta, è uno delle aree di maggior interesse per la filosofia contemporanea ma anche per la psicologia, le neuroscienze e persino la fisica quantistica. In quella che viene spesso definita "era dell' antropocene", infatti, lo sviluppo tecnologico sta ridisegnando il modo in cui l'umanità interagisce con il proprio ambiente esterno e mettendo pressione sul concetto stesso di natura umana. Ciononostante, le reazioni al problema della coscienza continuano ad oscillare tra una mera negazione della questione al dualismo mente-corpo. Questo lavoro mira a proporre una definizione di cosa, in effetti, la coscienza fenomenica sia, mettendo in relazione l'ilomorfismo aristotelico con alcuni dei ritrovati nei campi della psicologia umana ed animale contemporanee. Il lavoro mette alla prova l'ipotesi che una teoria della coscienza plausibile debba essere in parte evoluzionistica, debba cioè tenere conto di come la selezione naturale abbia favorito l'emergere di determinate abilità cognitive all'interno del mondo animale, ma anche rendere conto della fioritura attraverso il linguaggio - in Homo sapiens - di una specifica rappresentazione di sé e del mondo. In questa sede, riepilogo i risultati di alcuni esperimenti di laboratorio condotti sul polpo comune (Octopus vulgaris), i quali sembrano suggerire la distribuzione di alcune abilità cognitive lungo l'albero filogenetico. Su questa base, sostengo che Homo sapiens sia parte di questa distribuzione e che, dunque, la neurologia che ne è alla base costituisca una tra le varie e possibili condizioni naturali e sufficienti dell'esperienza cosciente. D'altro canto, sostengo che l'emergere di una soggettività propriamente umana sia frutto della facoltà linguistica nel cui ambito la coscienza - almeno nel senso con cui il termine è usualmente inteso - dovrebbe essere collocata. Questa suggestione, sostenuta dalle osservazioni empiriche, sembra essere compatibile con la linea di interpretazione dell'ilomorfismo proposta, la quale contribuisce a spiegare il modo in cui individui determinati e dotati di certe specifiche potenzialità possano essere "ricavati" da ammassi indeterminati di materia ed energia, così come sono descritti dalla fisica contemporanea; mentre tutto il resto - riguardante la coscienza fenomenica - emerge dal linguaggio. Questa tesi punta, dunque, a disvelare una errata convinzione riguardo alla natura del referente, che ha trainato a lungo le ricerche in materia di coscienza, impedendoci di comprendere che tutto ciò che ci si trova di fronte, nel prendere in considerazione un soggetto umano, è un io linguistico.
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Abstract
This work focuses on the specific problem of phenomenal consciousness, namely of the sense of being a self, characterised in terms of “what it is like for the subject”. In particular, it assesses the questions of how some organisms can be said to be “subjects” of experience, whether the concept of consciousness is fundamentally coherent and how our idea of what consciousness is, relates to language. These issues are key corollaries of the longstanding debate about the mind-body problem which is a major focus of research in contemporary philosophy, psychology, neuroscience, and even quantum physics. Indeed, in this (so-called) ‘Anthropocene era’, technological development is reshaping the way in which mankind interacts with his environment and putting under pressure the very own concept of ‘human nature’. And yet, reactions to the problem of consciousness still range from a clear rejection of the issue to mind-body dualism. This work aims to provide an account of what phenomenal consciousness is, by connecting Aristotle's hylomorphism to contemporary findings on the psychology of humans and other animals. It assesses the hypothesis that a compelling theory of consciousness should be in part evolutionary, explaining how natural selection has favoured the emergence of cognitive abilities within the ‘animal world’, but also accounting for the flourishing - in Homo sapiens - of a peculiar representation of both the self and the world, through language. Herein, I present reports of laboratory experiments on octopuses (Octopus vulgaris) that have suggested a distribution of some cognitive faculties along the phylogenetic tree. On this basis, I claim that Homo sapiens is part of this distribution and its underlying neurology represents one of the possible, sufficient and natural conditions for conscious experience. On the other hand, I argue that the emergence of a properly-human subjectivity comes of language wherein consciousness as we normally conceive of it, should be placed. This suggestion, supported by empirical observations, is compatible with a line of interpretation of hylomorphism, that I propose, which explains how individuals, possessing certain powers, can be carved out from bundles of matter and energy, as they are described by contemporary physics, while anything else, pertaining to phenomenal consciousness comes of language. This thesis aims then to unfold a misconception of the referent, which has towed research on consciousness for long, preventing us from understanding that what is there, when considering a human subject, is a linguistic self.
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