Riassunto analitico
La tesi analizza in dettaglio la disciplina dell'articolo 2103 del codice civile italiano prima e dopo le modifiche apportate dal Jobs Act del 2015. Prima della riforma, la legge prevedeva che il lavoratore fosse adibito a mansioni corrispondenti al suo livello di inquadramento o a mansioni equivalenti. Le modifiche introdotte hanno ampliato la possibilità di assegnare mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento, introducendo una maggiore flessibilità nel concetto di "jus variandi" del datore di lavoro. Si evidenzia che la nuova normativa ha portato a un ampliamento del perimetro del legittimo esercizio dello jus variandi, permettendo al datore di lavoro di modificare unilateralmente l'oggetto della prestazione lavorativa. Ciò ha comportato un'allargamento dell'area del debito del prestatore di lavoro, oltre a un aumento delle deroghe al divieto di demansionamento. Tuttavia, è stato mantenuto il diritto del lavoratore a un trattamento retributivo equo, specialmente nel caso di assegnazione a mansioni superiori. Inoltre, viene affrontato anche il tema del demansionamento, evidenziando il divieto di assegnare al lavoratore mansioni inferiori senza compromettere la sua dignità professionale o la categoria di appartenenza, sottolineando che la legge permette l'assegnazione di mansioni di livello inferiore solo nel limite del mantenimento della categoria di appartenenza definita dall'art. 2095 del codice civile. In conclusione, la tesi è volta ad analizzare le modifiche apportate all'art. 2103 del codice civile italiano dal Jobs Act del 2015, evidenziando sia gli ampliamenti introdotti nel concetto di jus variandi e nell'assegnazione delle mansioni, sia il mantenimento dei diritti e delle protezioni per il lavoratore, specialmente riguardo al demansionamento e alla dignità professionale.
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