Riassunto analitico
C. reinhardtii è un’alga unicellulare appartenente al Phylum Chlorophyta, di cui fanno parte alghe sia unicellulari che pluricellulari, coloniali o solitarie, dette comunemente alghe verdi, e appartiene inoltre alla Classe Chlorophyceae, ossia microalghe verdi unicellulari per lo più d’acqua dolce. Grazie al sequenziamento del genoma plastidiale, è stato possibile rendere la microalga un modello ideale per le nuove tecniche di ingegnerizzazione sia del plastoma sia del DNA nucleare. La mutagensi è effettuata in un ceppo wild-type carente di parete cellulare denominato TN72 e con il gene fotosintentico disrotto. La trasformazione, avvenuta in precedenza, si basa sull’inserimento nel plastoma di C. reinhardtii di un plasmide contenente il gene specifico (GOI) insieme ad elementi ad esso associati per la regolazione e la corretta espressione dell’enzima di interesse. In questo caso, il ceppo non mutato è stato reso capace di produrre una proteina specifica denominata PETase in grado di scomporre il PET nei suoi componenti principali, mono-(2-idrossietil) tereftalato e bis-(2-idrossietil) tereftalato, detto anche MHET. Il gene che codifica per questo enzima è l’ISF6_4831 ed è stato scoperto nel batterio Ideonella sakaiensis. Questo lavoro di tesi è stato focalizzato sull’analisi delle condizioni di crescita necessarie per la riproduzione/crescita algale e sulla produzione/espressione della proteina. Il primo passo per osservare la corretta espressione proteica della PETase si basa sul monitoraggio della crescita algale dei ceppi trasformati inoculati in mezzo liquido TAP e in piastre petri contenenti TAP con agar che non essendo selettivo permette una crescita più rapida. Allo stesso tempo sono state monitorate le condizioni di crescita tra le quali concentrazione cellulare, densità ottica, temperatura, luce e contaminazione. Una volta avvenuta la crescita algale si è passati all’estrazione dell’enzima tramite una prima rottura delle cellule con cicli di sonicazione, la quale però comporta la fuoriuscita della maggior parte delle proteine presenti al suo interno e non solo della proteina di interesse. Tramite cromatografia, sia per affinità con l’utilizzo di una colonna impaccata con Streptavidina in grado di legare l’enzima di interesse eluito poi con Biotina, sia per scambio cationico con l’uso di una colonna impaccata con SP-Sepharose ed eluito poi con tampone fosfato/NaCl a varie concentrazioni, è stato possibile quindi attuare una purificazione della proteina in modo tale da isolarla. Il campione così purificato è stato analizzato tramite SDS-PAGE, una tecnica di elettroforesi, che permette la separazione delle proteine in base al peso molecolare, consentendo così la qualificazione e la quantificazione. Ulteriore conferma della presenza/espressione della proteina PETase è stata valutata mediante Western Blotting, una tecnica analitica utilizzata per il rilevamento di proteine specifiche presenti in un campione. Essa si basa sul trasferimento delle proteine presenti in SDS-PAGE su membrana per renderle più accessibili grazie all’uso di due anticorpi specifici per PETase, uno primario ANTI-Strep tag in mouse in grado di legarsi alla proteina, uno secondario ANTI-mouse Alkaline Phospatase in grado di legarsi al primario, ed un substrato cromogeno che legandosi all’anticorpo secondario causa un cambiamento cromatico ove la proteina sia presente.
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