Riassunto analitico
Negli ultimi anni è diventata sempre più chiara la connessione fra salute dell’uomo, degli animali e ambiente. Appurato che la maggior parte delle nuove, emergenti malattie infettive è di origine zoonotica e che molti microrganismi infettano indistintamente gli animali e l’uomo, gli sforzi e le azioni di un solo settore non sono sufficienti per affrontare problemi di salute pubblica che derivano dall'interfaccia uomo-animali-ecosistemi, come ad esempio le zoonosi, la sicurezza alimentare e la resistenza antimicrobica. A questo proposito, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la resistenza antimicrobica una delle “dieci minacce alla salute globale” dei nostri giorni. È stato stimato che, ogni anno, in Europa muoiono più di 33.000 persone a causa del fenomeno e circa un terzo delle morti avviene solo in Italia. L’Italia, infatti, è uno dei paesi europei in cui si registrano da anni le maggiori percentuali di resistenza agli antimicrobici per i principali patogeni sotto sorveglianza (S. aureus, E. faecalis, E. faecium, E. coli, K. pneumoniae ecc.), nonché i maggiori consumi di antibiotici sia in ambito umano che veterinario. Se da un lato sempre più microrganismi mostrano resistenza ai trattamenti farmacologici, dall'altro le scoperte e la ricerca in questo campo non reggono il passo con la crescente emergenza di nuovi agenti terapeutici efficaci. Sebbene lo sviluppo delle resistenze sia definibile come una “inevitabilità evolutiva”, per cui qualunque utilizzo di antibiotici, anche se appropriato e prudente, contribuisce allo sviluppo di batteri MDR, è ormai noto come il fenomeno sia strettamente connesso e accelerato dall’uso eccessivo e/o improprio di antimicrobici. Pertanto, una delle strategie chiave proposte dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per contenere gli attuali livelli di resistenza antimicrobica consiste nel salvaguardare l’efficacia degli antibiotici esistenti e futuri, monitorandone i consumi e promuovendone l'uso razionale e responsabile in tutti i settori (umano, zootecnico-veterinario, agricoltura ecc.). Un approccio “One Health” è indispensabile per affrontare problemi di salute pubblica dall’eziologia complessa come la resistenza antimicrobica. La cooperazione globale fra paesi, governi ed organizzazioni è indispensabile per cercare di arginare il problema che, si ipotizza, nel 2050 potrebbe diventare la prima causa di morte al mondo, arrivando ad uccidere fino a dieci milioni di persone l’anno.
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Abstract
Negli ultimi anni è diventata sempre più chiara la connessione fra salute dell’uomo, degli animali e ambiente.
Appurato che la maggior parte delle nuove, emergenti malattie infettive è di origine zoonotica e che molti microrganismi infettano indistintamente gli animali e l’uomo, gli sforzi e le azioni di un solo settore non sono sufficienti per affrontare problemi di salute pubblica che derivano dall'interfaccia uomo-animali-ecosistemi, come ad esempio le zoonosi, la sicurezza alimentare e la resistenza antimicrobica.
A questo proposito, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la resistenza antimicrobica una delle “dieci minacce alla salute globale” dei nostri giorni.
È stato stimato che, ogni anno, in Europa muoiono più di 33.000 persone a causa del fenomeno e circa un terzo delle morti avviene solo in Italia. L’Italia, infatti, è uno dei paesi europei in cui si registrano da anni le maggiori percentuali di resistenza agli antimicrobici per i principali patogeni sotto sorveglianza (S. aureus, E. faecalis, E. faecium, E. coli, K. pneumoniae ecc.), nonché i maggiori consumi di antibiotici sia in ambito umano che veterinario.
Se da un lato sempre più microrganismi mostrano resistenza ai trattamenti farmacologici, dall'altro le scoperte e la ricerca in questo campo non reggono il passo con la crescente emergenza di nuovi agenti terapeutici efficaci.
Sebbene lo sviluppo delle resistenze sia definibile come una “inevitabilità evolutiva”, per cui qualunque utilizzo di antibiotici, anche se appropriato e prudente, contribuisce allo sviluppo di batteri MDR, è ormai noto come il fenomeno sia strettamente connesso e accelerato dall’uso eccessivo e/o improprio di antimicrobici.
Pertanto, una delle strategie chiave proposte dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per contenere gli attuali livelli di resistenza antimicrobica consiste nel salvaguardare l’efficacia degli antibiotici esistenti e futuri, monitorandone i consumi e promuovendone l'uso razionale e responsabile in tutti i settori (umano, zootecnico-veterinario, agricoltura ecc.).
Un approccio “One Health” è indispensabile per affrontare problemi di salute pubblica dall’eziologia complessa come la resistenza antimicrobica.
La cooperazione globale fra paesi, governi ed organizzazioni è indispensabile per cercare di arginare il problema che, si ipotizza, nel 2050 potrebbe diventare la prima causa di morte al mondo, arrivando ad uccidere fino a dieci milioni di persone l’anno.
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