Riassunto analitico
Il sonno è una funzione biologica fondamentale per gli esseri viventi: occupa circa un terzo della vita dell’uomo, permette il recupero delle energie fisiche e mentali ed una sua deprivazione provoca una serie di alterazioni comportamentali e motorie più o meno gravi. I disturbi del sonno sono forme patologiche che si riscontrano sempre più frequentemente nella società moderna, tanto da rappresentare un vero e proprio problema sociale, economico e sanitario per gli effetti significativi che infliggono sul rendimento lavorativo, sulla durata e sulla qualità della vita. Negli ultimi anni gli orizzonti della medicina del sonno si sono espansi sempre di più, fino a rendere necessaria una precisa identificazione e classificazione di questi disturbi. La Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno è stata messa a punto per la prima volta nel 1990 dalle società internazionali del sonno. L’edizione più recente (ICSD-3) è stata pubblicata nel 2014 ed individua sette principali categorie: insonnia, disturbi del respiro in sonno, ipersonnie di origine centrale, disturbi del ritmo circadiano, parasonnie, disturbi del movimento in sonno ed altri disturbi. Il termine insonnia definisce un cattivo sonno, dato da difficoltà di addormentamento, risvegli notturni, durata e/o qualità insufficienti, le cui principali conseguenze comprendono sonnolenza, senso di fatica, irritabilità, aggressività, malumore, difficoltà a mantenere la concentrazione e ad orientarsi, calo delle prestazioni e della vigilanza. L’insonnia può essere classificata come cronica o acuta, iniziale, intermedia o terminale, primaria o secondaria e deriva dalle cause più svariate; si parla, per esempio, di insonnia psicofisiologica, associata a disturbi d’ansia e dell’umore, da malattie somatiche, da farmaci e alcool, spesso è provocata proprio dai ritmi imposti dalla società attuale. Gli studi epidemiologici condotti sull’insonnia dagli anni ‘70 ad oggi evidenziano una enorme diffusione nella popolazione generale: il problema è occasionale nel 25% dei casi e persistente nel 9%, colpisce principalmente le donne e aumenta gradualmente con l’aumentare dell’età. Le tecniche terapeutiche più utilizzate comprendono solitamente l’approccio comportamentale, che sfrutta per esempio le norme di igiene del sonno, l’ipnosi ed il training autogeno, e l’approccio farmacologico, basato principalmente sulla somministrazione di ipnotici ed ansiolitici benzodiazepinici e non. Questi medicinali, seppur di comprovata efficacia nel trattamento delle forme occasionali di insonnia, presentano una serie di effetti indesiderati significativi (sedazione diurna, insonnia nel primo mattutino, ansia di rimbalzo), oltre che la comparsa di fenomeni di tolleranza e dipendenza, specialmente nel trattamento a lungo termine; possono quindi risultare spesso poco accettati dai pazienti e poco funzionali. Recentemente l’attenzione si è quindi spostata sui prodotti fitoterapici come alternativa alla terapia farmacologica tradizionale, data la minor frequenza di eventi avversi e l’efficacia, spesso paragonabile a quella dei medicinali tradizionali, sostenuta da un impiego tradizionale millenario. Lo scopo di questa tesi è quindi quello riassumere le informazioni ricavate dalla recente letteratura scientifica (studi in vitro, su modelli animali e trials clinici sull’uomo) inerenti il possibile meccanismo d’azione, l’efficacia clinica e la sicurezza di cinque piante medicinali consigliate dalla Commissione E tedesca ed approvate sulla base dell’utilizzo tradizionale dal Comitato per i medicinali a base di piante dell’Agenzia europea per i medicinali per il trattamento di ansia, stress e insonnia: Valeriana officinalis L., Humulus lupulus L., Passiflora incarnata L., Melissa officinalis L. e Lavandula angustifolia Miller.
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