Riassunto analitico
ABSTRACT Lo studio si concentra sull’analisi comparativa tra l’adozione italiana e la kafalah islamica, due istituti giuridici che, pur condividendo l’obiettivo di proteggere i minori in situazioni di carenza familiare, presentano caratteristiche, procedure e implicazioni culturali molto diverse. In Italia, l’adozione comporta la completa rottura dei legami con la famiglia d’origine, creando un nuovo rapporto di filiazione in cui il minore acquisisce lo status di figlio legittimo, con tutti i diritti e i doveri che ne conseguono. Questo processo, sebbene mirato a garantire un ambiente stabile e protettivo, è spesso caratterizzato da iter burocratici lunghi, requisiti molto stringenti per le coppie adottanti e problematiche post-adottive, specialmente riguardo all’integrazione dell’identità culturale del minore. Al contrario, la kafalah si configura come un affidamento permanente che non interrompe i legami biologici, ma assicura comunque una tutela giuridica e morale del minore. Questo istituto, riconosciuto anche dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, si fonda su un impegno del kafil nei confronti del minore, che però non gli conferisce lo status di figlio legittimo o diritti successori automatici, se non attraverso specifiche disposizioni testamentarie. La ricerca evidenzia come la kafalah rappresenti una valida forma di protezione minorile nei paesi islamici, ma al contempo come venga percepita diversamente nei contesti occidentali, dove la rottura definitiva dei legami familiari è il presupposto per il riconoscimento dell’adozione. Il confronto tra i due sistemi porta a riflettere sulle criticità procedurali e culturali insite in entrambi, suggerendo la necessità di un approccio normativo più flessibile e armonizzato. In particolare, il caso di Youssef, affidato tramite kafalah e successivamente riconosciuto in Italia, evidenzia le sfide e le opportunità di integrazione dei sistemi di tutela minorile in contesti multiculturali, promuovendo così una protezione dei minori che rispetti le specificità culturali senza compromettere i diritti fondamentali.
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