Riassunto analitico
Sperimentazione animale e metodi alternativi L’utilizzo di animali per scopi scientifici è uno dei temi più discussi negli ultimi anni da ricercatori ed esponenti di organizzazioni animaliste. Se questi ultimi affermano che la sperimentazione animale sia del tutto superata, la comunità scientifica ribadisce quanto essa sia ancora inevitabile, quando non esistono altri metodi disponibili, al fine di acquisire nuove conoscenze a favore della prevenzione e cura delle malattie dell’uomo e degli animali stessi. Sono comunque i presupposti etico-morali, oltre che le norme di legge, che impongono alla stessa comunità scientifica la ricerca e lo sviluppo di metodi alternativi o complementari che mirano a evitare o ridurre l’uso di animali da esperimento. Prima rivoluzione in questo termine fu portata dal principio delle 3R formalizzato per la prima volta nel 1959 da William Russel e Rex Burch che fa riferimento a tre fondamentali concetti: rimpiazzare (replacement), ridurre (reduction) e rifinire (refinement). Secondo questi principi il ricercatore deve inizialmente cercare di rispondere al proprio problema scientifico utilizzando metodi e tecniche che non utilizzino animali, per quanto possibile (replacement), cercare di ridurre il più possibile il numero di individui utilizzati in un certo protocollo sperimentale ed, infine, cercare di utilizzare gli animali nel miglior modo possibile migliorando, da un lato, le tecniche sperimentali (es. metodiche meno invasive) dall’altro mantenendo gli animali in buone condizioni di stabulazione, con grande attenzione al loro benessere . I metodi alternativi propriamente detti sono quelli che consentono di evitare completamente l’uso degli animali. Nell’ambito degli “studi regolamentatori” (prove a cui obbligatoriamente devono essere sottoposti farmaci, presidi medici, composti chimici, ecc.) al momento si hanno a disposizione solo pochi metodi alternativi: tra questi possiamo ricordare il Lal test, che utilizza un lisato di amebociti ricavato della linfa del Limulus polyphemus per determinare quantitativamente la presenza di endotossine in materie prime, andando sostanzialmente a sostituire il test dei pirogeni, detto anche test della febbre del coniglio, e il modello di pelle sintetica Episkin, un’epidermide umana ricostituita in vitro da cheratinociti umani. Questo modello, istologicamente simile alle cellule epidermiche umane viene usato per testare i cosmetici soprattutto dopo l’entrata in vigore del regolamento 1223/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 che vieta l’immissione in commercio dei prodotti cosmetici finiti che sono stati testati su animali. Particolare rilevanza va anche data alle procedure per la validazione dei metodi alternativi e alle leggi italiane e europee che regolano la sperimentazione animale e che devono inderogabilmente essere seguite: la loro violazione può, infatti, portare anche a denunce in sede penale. Tra queste ricordiamo la Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici e il relativo Decreto Legislativo italiano del 4 marzo 2014, n. 26 ‘Attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici’. Nell’ambito della ricerca biomedica, sia di base che applicata, si può e deve parlare di metodi complementari, piuttosto che alterrnativi: colture cellulari, simulazioni, medodi in silico , ecc. I ricercatori ne sono ben consci e giungono a sperimentare sull’animale quando non vi è altra possibilità. Rispettare le 3R significa dunque anche usare, studiare e sviluppare metodi complementari, oltre che, naturalmente, cercare di mettere a punto dei veri e propri metodi alternativi, quanto meno per le prove regolamentatorie.
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