Riassunto analitico
L'elaborato intitolato “Scuole Magistrali Ortofreniche e Classi Differenziali: uno scenario pedagogico del Novecento (1900-1998)” tratta appunto delle Scuole Magistrali Ortofeniche, fondate a inizio Novecento dai membri della Lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti, quali Clodomiro Bonfigli, Giuseppe Ferruccio Montesano e Maria Montessori, le quali si prefiggevano di formare gli insegnanti specializzati che andavano a intervenire sui soggetti frenastenici. A tal proposito accanto alle Scuole vennero aperte in molte città d'Italia delle Classi Differenziali che accoglievano minori con disabilità, più o meno gravi e cercavano di apportare un miglioramento nel soggetto affinché fosse in grado di essere riammesso nelle classi comuni. La materia insegnata prevalentemente nelle scuole di formazione era la Pedagogia, la quale a inizio Novecento assunse una prospettiva scientifica, venendo rinominata come Pedagogia positiva, determinando quindi l'applicazione di protocolli empirici e verificati, al trattamento dei soggetti con disturbi psichici. Negli anni Settanta però, la formazione ortofrenica non fu più sufficiente e si assistette alla nascita di normative che regolamentavano la formazione degli insegnanti. La qualifica riconosciuta doveva essere universitaria, per cui nella seconda metà degli anni Ottanta si osservò prima all'abolizione delle Classi Differenziali e poi alla chiusura delle Scuole Magistrali Ortofreniche, una svolta determinante della scuola italiana. Il percorso della disabilità non fu semplice, dall’esclusione scolastica e sociale di queste persone, si passò ad una fase di medicalizzazione, in cui prevalse l’aspetto medico su quello scolastico, a una fase d’integrazione, dove la distanza tra gli studenti si ridusse notevolmente ma ancora vi era una linea di demarcazione. Per indicare un coinvolgimento ancora più esteso delle persone disabili all’interno del gruppo classe, nell’ultima parte degli anni Novanta, non si parlò più di integrazione bensì di inclusione. I disabili vennero inseriti nelle classi della scuola pubblica e trattati finalmente come i coetanei, raggiungendo quella tanto attesa normalità in una prospettiva scolastica inclusiva. Ivi era pensata una completa equità nel trattamento delle persone disabili in ambito scolastico, senza distinzioni di condizione, capacità o la considerazione in schemi chiusi che descrivevano la non-abilità, si ha così finalmente una partecipazione ugualitaria in tutti gli aspetti. L'inclusione è efficace solamente se in tutti gli ambiti della vita non vengono applicate etichette che contraddistinguono chiunque abbia una difficoltà, che sia disabilità o disturbi più lievi. La scuola deve essere il mezzo per insegnare a normalizzare le peculiarità, diventando inclusiva attraverso una didattica innovativa, mirata a ridurre il più possibile gli aspetti di esclusione, mediante l’utilizzo di strategie di insegnamento che valorizzino il confronto tra tutti gli studenti, la costruzione di pensieri propri, l’autocorrezione ma anche la valutazione delle discussioni.
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