Riassunto analitico
Il trattamento delle patologie croniche dell’anziano è,ad oggi,uno dei principali campi in cui lo sviluppo farmaceutico si trova attivamente impegnato nell’investire le proprie risorse. Il paziente anziano,per la natura propria della sua condizione,ha un fisico molto delicato, e ciò comporta la nascita di esigenze e bisogni del tutto specifici e particolari, tipici dell’età avanzata. L’importanza nella scelta del tipo di farmaco emerge proprio in questo punto : una maggiore efficacia ed efficienza farmacologica si associano ad un migliore trattamento personalizzato, ed in ultima analisi, ad una migliore qualità della vita, benché vincolata dalla convivenza con una o più patologie. Fra i vari disturbi che alterano lo stato di salute dell’anziano,spiccano per frequenza,interesse e nocività le patologie cardiovascolari ed in particolare la fibrillazione atriale. I farmaci d’elezione per questo particolare gruppo di alterazioni patologiche, sono gli anticoagulanti orali. Gli anticoagulanti orali di vecchia generazione sono rappresentati dal Warfarin, un antagonista della vitamina k, che per più di mezzo secolo è stato l’unico anticoagulante orale di cui si disponeva, ed è tuttora altamente efficace se usato correttamente. Tuttavia, il suo ristretto indice terapeutico e le interazioni multiple con numerosi cibi o farmaci, ne influenzano la sicurezza, la compliance e l’efficacia, rendendo indispensabile un assiduo monitoraggio terapeutico. Gli eventi avversi associati ad una terapia condotta al di fuori del livello ottimale di anticoagulazione, infatti, sono gravi e numerosi; primo fra tutti l’emorragia. Allo scopo di ridurre il più possibile rischi ed effetti collaterali dei farmaci di prima generazione, la ricerca farmaceutica s’impegna nello sviluppo di nuove soluzioni con meccanismi d’azione differenti e indice terapeutico più elevato. Da tale progetto sono da poco nati i nuovi anticoagulanti, che hanno come target i fattori chiave della coagulazione, quali il fattore Xa e il IIa (trombina). Quelli attualmente approvati in Europa sono Dabigatran, Rivaroxaban e Apixaban. Essi mostrano le potenzialità per offrire almeno la stessa efficienza anticoagulante e sicurezza d’uso rispetto alla TAO, risolvendo nel contempo parecchie fastidiose complicazioni tipiche delle vecchie terapie. La posologia semplificata, la minor incidenza di effetti collaterali, l’assenza quasi totale di interazioni farmacologiche e la mancanza di uno stretto monitoraggio terapeutico, migliorano la qualità della vita del paziente, stimolandone contemporaneamente l’aumento della compliance. Tuttavia, si deve sottolineare il fatto che essendo ancora scarsi gli studi di ricerca e le esperienze nella pratica clinica, non sono ancora disponibili agenti d’inversione specifici, né linee guida ufficiali per la gestione degli eventi avversi, della chirurgia d’urgenza o di qualunque altra complicanza insorta in corso di terapia con i NAO. Inoltre resta da chiarire come gestire il trattamento dei pazienti appartenenti a quei gruppi di popolazione, esclusi dai trial clinici, perché considerati ad alto rischio di effetti avversi. Dalle conclusioni si evince che la scelta fra TAO e NAO deve dipendere da un’accurata valutazione preliminare delle condizioni del paziente in cura e possibilmente anche dalle sue preferenze personali, in quanto ogni paziente è diverso dall’altro, e nessuna delle due terapie è superiore all’altra in termini assoluti. In generale si può assumere che, per valori di TTR molto buoni e stabili, la superiorità dei NAO, in termini sia di efficacia che di sicurezza, nei confronti del Warfarin, solitamente viene meno. D’altra parte, i NAO risultano sempre associati ad una minor incidenza di emorragie intracraniche, qualunque sia il valore di TTR raggiunto con la TAO, quindi anche per percentuali superiori al 70%.
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