Riassunto analitico
La struttura della giustizia penale, esempio massimo del potere statale che può lecitamente limitare la libertà personale, si fonda sulla tensione tra due opposte concezioni, individuate nelle due grandi concezioni di giustizia punitiva e di giustizia riabilitativa, espressione di un determinato momento storico e di diversi modi di intendere il rapporto stato-cittadino. Entrambe però, mirano ad una definizione del processo mediante la commisurazione di una sanzione, che nel diritto penale assume l’emblematico termine di “pena”. Eppure, nonostante le buone ragioni a sostegno dell’una o dell’altra, in quasi tutte le realtà si assiste a un fallimento del sistema penale improntato a una lettura carcerocentrica delle norme. Nonostante il carattere pubblicistico per eccellenza della materia è possibile ritenere oggi che, anche davanti all'autorità giudiziaria, sia possibile un dialogo tra le parti, non più solo soggetti passivi, ma attivi nel potersi riappropriare della gestione del conflitto. L’illecito penale non costituirebbe solo violazione del patto sociale individuo-stato ma del patto degli individui fra di loro. Ed è qui che si affianca una nuova idea di giustizia, che vede davvero il ricorso alla norma penale, e allo strumento processuale comunemente inteso, come ultimo approdo. Non alternativa, né tantomeno esclusiva, ma comunque con aspetti risolutivi nel ristabilire quello che la commissione del reato aveva lacerato: il legame sociale. Legame sociale, o patto sociale, che giustificava così l'uso autoritativo della forza, ma che può ora essere ricostruito o, ancora più efficacemente, riparato. L’introduzione nel sistema italiano della disciplina organica della giustizia riparativa, introdotta con d.lgs. n°150/2022, fa in parte proprie queste elaborazioni derivate da studi ed esperienze nel mondo internazionale. Il primo capitolo è dedicato alla ricostruzione storica delle teorie di giustizia riparativa e di come abbiano avuto una diffusione capillare, in origine nei paesi di common law, a partire dal caso Kitchner, il “caso 0” di giustizia riparativa. La trattazione prosegue nello studio delle norme di diritto internazionale ed europeo che, muovendosi da disparate ragioni – dalle esigenze di giustizia, alla valorizzazione di sistemi alternativi, alle attenzioni verso specifici soggetti come i minori – ha elaborato i principi cardine su cui si è basato il legislatore italiano nella scrittura della disciplina organica. L’ultimo capitolo è dedicato, invece, alla giustizia riparativa e a come questa sia permeata nel sistema processuale italiano anche prima dell’introduzione specifica del d.lgs. 150/22, riscontrando già nei riti alternativi, alternativi ratione personae o ratione materiae, delle aperture a questa radicale innovazione.
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