Riassunto analitico
Gli anni ottanta in Italia si sono caratterizzati per avvenimenti molto importanti per il nostro Paese. Per analizzare il tema, ho utilizzato due riviste: “Rinascita”, rivista politico-culturale del partito comunista italiano creata da Palmiro Togliatti nel 1944, e “Mondoperaio”, rivista del partito socialista, fondata da Pietro Nenni nel 1948. Chi scriveva all’interno delle due riviste, non era e non faceva il lavoro dello “storico” bensì dava la sua opinione, al contrario il mio ruolo da “storico” è stato quello di guardare con occhio critico e comprendere, da un lato, da cosa derivassero i due punti di vista differenti, e dall’altro, contestualizzarli nel modo più neutrale possibile, cogliendo sì le differenze, ma anche le uguaglianze che esistevano tra socialisti e comunisti. Tutto questo con lo specifico obiettivo di analizzare le conseguenze prodotte, definendo all’interno del decennio due snodi, che a mia opinione, furono centrali per ciò che poi accadde negli anni a seguire: la marcia dei 40.000 del 1980 e la caduta del muro di Berlino del 1989. Questi due momenti portano alla luce delle difficoltà che avranno delle ripercussioni nel corso del tempo sia dal punto di vista politico che delle politiche economiche e industriali che dal punto di vista sindacale. Protagoniste di quegli anni furono le lotte, all’interno della sinistra, tra socialisti e comunisti, che verranno pagate a caro prezzo da entrambe le parti. Gli errori che commisero portarono da un lato, il Psi al tramonto, e dall’altro, il Pci a dover fare i conti con la storia e con gli avvenimenti legati alla disgregazione dell’Urss. Un 1980 che cambia anche le sorti del sindacato, uno spartiacque che segnò l’inversione del ciclo positivo, dopo anni di aumenti d’iscritti, nonché una crisi di rappresentanza che vede le rappresentanze dei lavoratori ottenere consensi in maggior parte dai pensionati e dai dipendenti pubblici e non dai giovani “al lavoro” o dai giovani in cerca di occupazione. Questo cambiamento nel trend si verifica a seguito della marcia dei 40.000 quadri Fiat, un errore delle confederazioni che si portano dietro dal lontano 1980; la mancata consapevolezza di un cambiamento nella forza lavoro, nelle sue aspettative e nelle sue aspirazioni, nel radicamento all’intero delle industrie con più di quindici dipendenti, nelle tematiche riportate all’interno dello Statuto dei lavoratori e nell’atteggiamento conflittuale invece che in quello concertativo. Il quadro illustrato dimostra, a mio avviso, la lentezza da parte della politica e dei partiti, e del sindacato intrecciato a questi, di cogliere il cambiamento e di porre modifiche e riforme. La “tela di penelope” è una metafora che ritrae in modo esaustivo lo stallo politico del periodo sotto esame e successivo. Una paralisi che pone, nelle vicende accadute durante la Prima Repubblica, e in modo più specifico, negli anni Ottanta, l’origine dell’incapacità politica, imprenditoriale e sociale che ha caratterizzato gli anni successivi e continua a caratterizzare il presente. Nel richiamo all’Odissea, nella figura di Penelope, “di giorno la gran tela tesseva e la sfaceva di notte con le fiaccole accanto” si fa riferimento all’incapacità della politica di riformare il sistema politico stesso, e di cogliere i cambiamenti a seguito della caduta del muro di Berlino. Con gli occhi di oggi, a distanza di trent’anni, vedo il 1980 e il 1989 come due spartiacque della storia politica, economica e sindacale che hanno posto le basi per lo sgretolamento e la divisione della sinistra e l’immobilismo politico attuale, caratterizzato da una forte perdita di competitività a livello industriale e una grave crisi di rappresentanza sindacale e di poter contrattuale dei sindacati.
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