Riassunto analitico
Con l'espressione “responsabilità per reato degli enti” si identifica l'attribuzione ad un soggetto collettivo della responsabilità per un fatto illecito commesso da una persona fisica appartenente alla sua struttura. Il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 disciplina, come enuncia programmaticamente l'art. 1, comma 1, «la responsabilità amministrativa degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato», e «le sue disposizioni», come precisa il comma 2, «si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica». L'iniziativa cautelare è riservata al pubblico ministero che presenta la richiesta al giudice, il quale decide sia circa l'applicazione, sia circa ogni vicenda che riguardi la misura applicata ( quali la modifica delle modalità esecutive, la revoca, la sospensione e la sostituzione ) Sulla richiesta del pubblico ministero provvede il giudice, da individuarsi alla stregua delle ordinarie regole di competenza indicate dall'art.47 de d.lgs. 231/2001, che replica quelle fissate nella corrispondente sede codicistica e richiama le disposizioni dell'art.91 disp. att. c.p.p : la scelta è giustificata dalla circostanza che l'accertamento dell'illecito fa capo al giudice competente per il reato dal quale lo stesso dipende. L'art. 59 comma 2 del d.lgs. n.231/2001 dispone che « la contestazione contiene […] l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto che può comportare l'applicazione delle sanzioni amministrative, con l'indicazione del reato da cui l'illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova». Tra le vicende evolutive delle cautele, (oltre alle figure classiche)- quali la sostituzione, la revoca e l’estinzione – compare un istituto del tutto inedito rispetto alla materia cautelare, ma perfettamente in linea con il sistema configurato dal legislatore del 2001, ossia la sospensione. Il d.lgs. 231/2001 prevede la possibilità per l'ente di sottrarsi alla responsabilità amministrativa/penale – e quindi dall'irrogazione delle relative sanzioni – qualora, nonostante l'avvenuta commissione di un reato nell'interesse o vantaggio dell'ente, quest'ultimo abbia adottato, prima della commissione del fatto, un Modello idoneo a prevenire i reati, dotato delle caratteristiche previste nel Decreto stesso. La definizione generale del modello di gestione, organizzazione e controllo si ritrova essenzialmente negli artt. 6 e 7 del d.lgs. 231/2001, nell’ambito cioè della disciplina dell’esenzione da responsabilità. In particolare nell’art. 6 comma 2 e nell’art. 7 comma 3 del d.lgs. 231/2001 si definiscono i contenuti del modello organizzativo in relazione alla gestione del rischio nell’ambito dell’organizzazione dell’ente. Attraverso il codice etico, l'Ente provvede a specificare alla collettività i doveri e le responsabilità che si assume con l'implementazione del Modello di organizzazione e gestione, e contestualmente imposta tutti i processi aziendali di controllo interno, determinando altresì le specifiche inerenti alle possibili sanzioni in caso di violazione del modello stesso. Il sistema disciplinare è un punto qualificante del codice etico, in quanto le sue violazioni vengono a ledere il rapporto di fiducia instaurato e, conseguentemente, richiedono la previsione di azioni disciplinari, che ovviamente possono non coincidere con quelle del giudice in sede penale . Il d.lgs. 231/2001 prevede che l’ente possa essere esonerato dalla responsabilità, conseguente alla commissione dei reati indicati, se l’organo dirigente ha affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne l’aggiornamento ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo: l'Organismo di vigilanza (OdV). La costituzione dell’Organismo di Vigilanza non è disciplinata da alcuna specifica previsione del d.Lgs 231/2001
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