Riassunto analitico
La vicenda in esame nasce a Napoli nel 2015 dalle indagini del Magistrato H.J. Woodcock. Era stato presentato come uno dei più grandi scandali corruttivi del Paese, quasi una “Seconda Tangentopoli”: un giro di mazzette e favori per la metanizzazione di Ischia che vedeva coinvolti amministratori locali del Pd, una grande “coop rossa” arrivando ai vertici della sinistra italiana (da D'Alema a Renzi). Le imputazioni principali riguardavano reati che offendono la Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento al delitto ex art 318 c.p. che vedeva coinvolti nella veste di presunti corrotti l’allora sindaco di Ischia, ed un tecnico del Comune, considerato sua “longa manus”, e nel ruolo di presunti corruttori, gli apicali della società CPL Concordia. Il processo per corruzione al sindaco ed al funzionario del Comune di Ischia celebratosi a Napoli, è gemmato da un’indagine più vasta che ha visto coinvolti i soli presunti corruttori imputati oltre che per corruzione, per il più grave reato di “associazione per delinquere” ex art 416 c.p. Si sono pertanto instaurati due processi distinti, uno a Napoli per i soli presunti corrotti e uno a Modena, sede legale della società CPL Concordia, ove, avrebbe avuto luogo quel “pactum sceleris” che avrebbe dato origine all’associazione per delinquere. Il processo instauratosi a Napoli per il capo d’imputazione ex art 318 c.p. avverso i presunti corrotti si è concluso con l’assoluzione dei due imputati poiché il fatto non sussiste, con Sentenza Numero 552/2018 confermata presso la Corte d’Appello con Sentenza numero 1450/21. Nel processo instauratosi a Modena avverso i presunti corruttori, si giunge a sentenza di assoluzione con formula piena poiché il fatto non sussiste per il reato più grave di associazione per delinquere, gli stessi vengono invece condannati per il reato di corruzione ex art 318 c.p. Ma, il delitto di corruzione, com’è noto, è un reato a concorso necessario, tanto che ai sensi dell’art 321 c.p. rispondono del delitto tanto il corruttore quanto il corrotto: trattasi infatti di un reato-contratto che necessita di un accordo perfezionatosi tra corruttore e corrotto avente ad oggetto il mercimonio della funzione pubblica. Ebbene, possiamo affermare che ad un certo punto della vicenda giudiziaria, a causa di una iniziale questione di competenza tale per cui il GIP ha disposto la suddivisione dei processi ci si è trovati dinanzi ad una incompatibilità di “sentenze”. Vedremo nel prosieguo della trattazione com’è stato posto rimedio alla delicata questione. Il Collegio giudicante della Corte d’Appello di Bologna quali strade avrebbe potuto percorrere? Esclusa la possibilità della condanna per i corruttori ex art 318 c.p. avrebbe potuto percorrere la via dell’assoluzione conformandosi alla decisione dei Giudici di Napoli, in alternativa rimarimaneva la strada della “riqualificazione” del fatto dato che gli atti posti in essere dai “corruttori” ed ampiamente accertati, all’esito delle prove documentali e testimoniali, costituiscono altro e diverso reato. Il reato infatti è stato riqualificato, da corruzione ex art 318 reato a concorso necessario a ad istigazione alla corruzione ex art 322 c.p reato comune che non necessita del concorso del Pubblico Ufficiale (il quale, al contrario, deve astenersi dall’adesione all’accordo) essendo un reato di mera condotta per la cui configurazione è sufficiente la promessa o l’offerta di un’utilità idonea ad incidere illecitamente sulla libertà di coscienza del destinatario, al fine di indurlo ad orientare la propria condotta discrezionale alla luce degli interessi personali o familiari piuttosto che a quelli della collettività.
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