Riassunto analitico
La presente tesi di laurea sviluppa il tema della sostenibilità economica dei diritti sociali al tempo della crisi. Il discorso prende avvio dal processo di emersione di tale species di diritti, che si affiancano ai tradizionali diritti di libertà a partire dal XX secolo, quando le costituzioni democratico-liberali introducono il nuovo paradigma dello Stato sociale di diritto, andando così a integrare il concetto di uguaglianza formale con quello sostanziale, che pone in capo al potere pubblico il compito di rimuovere gli ostacoli economico-sociali che di fatto limitano la piena parificazione dei cittadini. Inserendosi il nostro ordinamento in un più ampio sistema multilivello, si è poi inquadrata la questione non solo nel panorama costituzionale italiano, ma anche e soprattutto a livello sovranazionale e comunitario, ove il percorso che ha condotto al riconoscimento dei diritti sociali si è rivelato particolarmente lento e faticoso. Segnatamente, si è sottolineata l’importanza, a fronte di un materiale normativo piuttosto modesto, del ruolo giocato dai giudici sovranazionali e comunitari, rappresentati dalle Corte di Strasburgo e Lussemburgo, nell’espansione del novero dei diritti sociali europei, tanto che è possibile affermare che la maggior parte di essi siano frutto di creazione giurisprudenziale. Si tratta comunque di un limitato riconoscimento - specialmente se rapportato alla più garantista Costituzione italiana - che continua a perpetrare una subordinazione dei diritti sociali alle libertà economiche e un’eterna tensione tra un’Europa “dei mercanti” e un’Europa sociale. Le categorie concettuali dello Stato sociale e dei diritti sociali cominciano a essere messe in discussione dall’avvento della crisi economico-finanziaria che a partire dal 2008 ha travolto il Vecchio continente. Infatti, premesso che, a ben vedere, tutti i diritti, compresi quelli di libertà, costano, sono quelli sociali a essere definiti “finanziariamente condizionati”, dato che comportano, di regola, un maggior stanziamento di risorse economiche. L’espressione rimanda quindi al problema del finanziamento degli stessi e, più in generale, al principio di stabilità economico-finanziaria che è stato costituzionalizzato dalla legge cost. n. 1 del 2012 che ha introdotto l’equilibrio di bilancio, ottemperando in tal modo ai vincoli sovranazionali sempre più stringenti imposti agli Stati membri dell’Eurozona. In un simile contesto il rischio è quello di comprimere in modo eccessivo l’esercizio dei diritti sociali. Appare in proposito determinante la funzione svolta dalla Corte costituzionale, chiamata a valutare le scelte del legislatore nazionale in materia. Si sono al riguardo analizzate le sentenze n. 10 e n. 70 del 2015, nelle quali la Consulta è pervenuta a soluzioni opposte, considerando che nella prima l’art. 81 Cost. aveva rivestito un ruolo decisivo, mentre nella seconda esso viene totalmente ignorato. L’esito patologico rappresentato da un’eccessiva compressione dei diritti sociali è altresì arginato dalla previsione di cui all’art. 117, secondo comma, lett. m) Cost. che individua nei livelli essenziali delle prestazioni un limite invalicabile al sacrificio in termini di effettività dei diritti in esame, preservando un nucleo inviolabile, che deve essere garantito a chiunque sull’intero territorio nazionale indipendentemente dalle contingenze economiche. Ed è proprio sulla clausola dei LEP che si è concentrata l’ultima parte dell’elaborato, nella quale si sono delineati gli aspetti procedurali e sostanziali degli stessi alla luce della giurisprudenza costituzionale, in particolare attraverso le sentenze n. 88 del 2003 e n. 282 del 2002, focalizzando l’attenzione principalmente sui livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e sul loro finanziamento.
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